Il tempo dello Spir

Il tempo, come viene normalmente percepito, è un insieme di eventi che si succedono senza soluzione di continuità. 
Sembra che il tempo sia assoluto e uguale per tutti, quindi si parla di fatti antecedenti o contemporanei o successivi, anche se riferiti ad osservatori diversi.


Solo in certi stati particolari, come quando dorme o è in forte eccitazione, l’uomo percepisce che il tempo potrebbe essere diverso, cioè che la durata di un’ora non è sempre eguale.
Ovviamente è solo un’alterazione della nostra percezione, ma è anche una forte intuizione.
Difatti nella teoria della relatività il tempo diventa una variabile funzione della velocità.


Per spiegare questo concetto useremo lo stesso esempio che faceva Einstein ai suoi allievi, che allora veniva chiamato “paradosso”, ma che oggi sappiamo essere una realtà scientifica confermata sperimentalmente attraverso l’invio di cavie e astronauti nello spazio.


Due gemelli nascono sulla terra e vengono chiamati A e B. Il gemello B viene immediatamente inviato nello spazio a ruotare attorno alla terra a velocità doppia di quella terrestre. Quando il gemello rimasto sulla terra, A, compie 20 anni, il gemello B viene fatto rientrare: dalla capsula esce un bambino di 10 anni di età. Secondo il tempo terrestre entrambi i gemelli hanno 20 anni, ma A li ha trascorsi, mentre per B che andava a velocità doppia il tempo si è dilatato, quindi in venti anni ne ha compiuti dieci di terrestri.


Questo esempio risulta vero, dalle verifiche sperimentali, se la velocità di B è abbastanza elevata, ma non troppo prossima a quella della luce. Per velocità vicine o superiori a quella della luce la teoria della relatività fallisce, e per il momento nessuno è riuscito a formulare le leggi da applicare in queste situazioni.


Una breve digressione: la conoscenza scientifica procede a gradini, e nel campo della fisica sembra che la variabile di base sia la velocità.


Per velocità “basse” vale la teoria classica, per velocità “elevate” ma inferiori alla luce vale quella della relatività, e le due teorie si compenetrano: se nelle formule della relatività introduciamo, ad esempio, una velocità uguale a zero otteniamo esattamente le formule della teoria classica.


Quindi la teoria della relatività è utile sia nei fenomeni dello spazio astrale sia in quelli atomici, ma ha già mostrato i suoi limiti, che però non ne vanificano la validità.
Visto che sembrano esserci particelle dotate di massa capaci di viaggiare ad una velocità superiore alla luce, un giorno qualcuno riuscirà a formulare una nuova teoria applicabile in questi ambiti, dalla quale sarà possibile derivare le teorie della relatività e quella classica come sottocasi.


Una delle scoperte introdotte dalla teoria è il legame tra massa ed energia, e l’impossibilità di distinguere tra queste due “apparenze” in certe situazioni.
La famosa legge E=mc² dice che ad ogni massa corrisponde una energia, e viceversa, attraverso una costante universale che è pari alla velocità della luce al quadrato se la massa è “a riposo”, cioè è ferma; in caso contrario la formula si complica, introducendo anche il parametro “velocità della massa”, ma la sostanza non cambia.
In altre parole ogni massa si può trasformare in energia e viceversa.


Inoltre ogni massa, vivente o no, può essere pensata come un particolare agglomerato di energia condensata in uno spazio fisico ristretto, determinato dai confini del corpo.
Se innalziamo la velocità del corpo, la massa aumenta, per diventare teoricamente infinita al raggiungere la velocità della luce, almeno secondo la suddetta formula che però sappiamo essere errata quando si raggiunge questo limite.


La stessa legge dice anche che talvolta non possiamo distinguere tra massa ed energia: questo è in generale il caso delle onde elettromagnetiche, in particolare della luce.
Noi chiamiamo “luce” quelle onde elettromagnetiche che hanno una frequenza nell’insieme del “visibile” del nostro occhio. In realtà la “luce” non è diversa dalle onde radio, che usiamo per propagare i segnali televisivi o la nostra voce attraverso i telefonini, o dai raggi x delle radiografie.


Il nostro occhio per fortuna non può vedere tutte le onde, ma solo quelle che cadono in un certo intervallo di frequenza, cioè di lunghezza d’onda: l’intervallo del “visibile”.
Senza entrare nel dettaglio, ci sono tutta una serie di esperimenti che dimostrano che la luce è una onda che si propaga nello spazio, cioè che è una energia.


Però in fisica si sono dovuti introdurre anche i “fotoni”, come particelle di luce in movimento, perché ci sono altrettanti esperimenti che dimostrano che la luce è materia.
La morale è che materia ed energia sono solo due diverse forme con cui la realtà viene da noi percepita, ma la realtà è “altro”.
Questa premessa era necessaria per introdurre alcune considerazioni sull’uomo e le sue componenti.


Nel leggere i pensieri che seguono sarà bene sempre tener presente che quando si parla di “corpi” o “masse” e quando si parla di “energia” potrebbe essere il caso che si stia facendo riferimento alla stessa realtà fisica, che però si presenta a noi “apparentemente” in modo diverso.


Sia nella religione cristiana che nella maggior parte delle altre religioni l’uomo viene presentato come composto da tre elementi; naturalmente la terminologia varia, ma la sostanza non cambia.


Facendo riferimento alla terminologia usata da Orazio Valenti ne “L’aquila d’oro”, i tre valori dimensionali dell’uomo sono:
1)      Lo Spirito (Intelligenza) – l’uomo reale, eterno, immutabile.
2)      L’Anima o Pneuma (Dinamismo vitale mutevole) – la nostra dimensione Astrale
3)      Il Corpo Materiale (Strumento mutevole coordinato dal dinamismo vitale o psiche, vincolato alla dimensione spazio-tempo terrena).

Rimandiamo a quel testo per il significato delle tre componenti, che qui vorremmo analizzare rispetto al tema massa/energia e dinamismo temporale. 
Partendo dall’ultima dimensione, è innegabile che il corpo ci appare innanzitutto come un insieme di materia, ma non bisogna dimenticare le sue energie proprie, ad esempio quelle biochimiche delle cellule o quella termica, che sprigiona continuamente.


Inoltre essendo il corpo umano dotato di una considerevole massa, è necessariamente legato alle leggi della fisica classica, cioè alla dimensione spazio-tempo terrena, che è a noi la più familiare.


L’Anima, che è detta Corpo Astrale in molte religioni, sembra invece presentare molteplici analogie con la luce.


Di questo Corpo Astrale sappiamo molto poco, e queste considerazioni sono ricavate dalle parole del Vangelo dove si parla del Risorto, da esperienze e testimonianze di alcuni asceti, quali i bonzi tibetani, e da alcune esperienze personali.


Dai Vangeli sappiamo che il corpo del Risorto:
–         è in grado di attraversare la materia (Gv 20,19 – Gv 20,26)
–         è fatto anche di materia, cioè non è un “fantasma” (Mt 28,9 – Lc 24,30 – Lc 24, 39-43 – Gv 20,27 – Gv 21,10-15)
–         è in grado di sparire (Lc 24,31)
–         talvolta ha un’apparenza diversa dal corpo materiale (Mc 16,12 – Lc 24,16 – Gv 20,14 – Gv 21,4)
–         porta le tracce della vita terrena (Lc 24, 39-43 – Gv 20,20 – Gv 20,27).

Sintetizzando, l’Anima sembra avere un comportamento duale, tipico dei corpi che possono viaggiare alla velocità della luce, cioè è simultaneamente massa e materia in egual modo.
Il fatto stesso di considerare l’Anima un corpo dotato di massa può risultare per molti strabiliante, quasi una eresia, e forse lo sarebbe se visto nell’ottica del passato, che etichettava come mistero il comportamento del Risorto, ma oggi non è più così: pensare all’Anima come un corpo o una energia è la stessa cosa a patto di non affermare che l’Anima ha solo una di queste due realtà.


Della natura fisica dello Spirito non sappiamo quasi nulla per rivelazione, quindi possono essere fatte solo tre ipotesi sul piano razionale:
–         o lo Spirito è una seconda forma di energia, magari più pura, ma sempre di un tipo simile a quelle che conosciamo,
–         o è energia pura, in contraddizione con la legge di Einstein, ma ciò è plausibile visto che la teoria della relatività ha già mostrato i suoi limiti,
–         o lo Spirito è tutt’altro, qualche cosa che la mente umana non è in grado di concepire.


Da un punto di vista strettamente fisico, se crediamo che lo Spirito è “immutabile”, oltre che immortale, allora viene violato il terzo principio della termodinamica, che può essere posto come base di tutte le nostre conoscenze scientifiche, e quindi la terza ipotesi diventa la più plausibile.


Oltre lo Spirito, tutto il resto del creato è eterno, ma mutevole, il che concorda con il noto principio: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Tornando all’uomo, prima della teoria della relatività si poteva pensare che la vita fosse il periodo di tempo che il corpo animato trascorreva sulla terra.
Ma il paradosso di Einstein ci dimostra quanto questo sia falso, specie in prospettiva di viaggi planetari.


Più aumenta la velocità a cui va il nostro corpo, più il tempo si dilata, più la durata della vita si allunga: se il nostro corpo potesse raggiungere la velocità della luce, teoricamente il tempo si fermerebbe e il corpo diventerebbe “immortale”.
Sappiamo che questo limite è irreale e che la deduzione è quindi errata, ma questa riflessione c’impone due considerazioni.


La prima riguarda la possibilità teorica di “smaterializzare” il corpo, trasformando la sua massa in energia, propagando questa energia alla velocità della luce, ricomponendo poi la stessa energia, in altro luogo distante magari anni-luce, nel corpo di partenza.
Sembra un azzardo, ma forse non per chi si occupa di fisica particellare.
La seconda riflessione riguarda l’Anima: se la concepiamo come un corpo che si propaga alla velocità della luce, allora la sua “immortalità” diventa spiegabile anche nell’ambito delle nostre povere conoscenze attuali.


Ovviamente quest’ultima considerazione non è rigorosa, ma ci sembrava troppo affascinante per tacerla.
A questo punto tutti noi sappiamo, per esperienza, come il nostro corpo percepisce il tempo, ma ci si può chiedere: come viene percepito il tempo dall’Anima?
Ovvero come percepisce il tempo un osservatore che viaggi alla velocità della luce? Non conosciamo la risposta esatta, ma sappiamo che passato, presente e futuro tendono a coincidere.


La relatività, pur nella sua limitatezza ed imperfezione, ci dimostra quanto sia sbagliato proiettare il nostro concetto empirico di tempo anche su entità molto meno “complesse” dell’Anima o dello Spirito: basta pensare ai fenomeni delle particelle subatomiche, che sono comunque parte della materia.
Se nell’Anima sono presenti sia il passato che il futuro, e se l’Anima è in grado di comunicare con il corpo, certi fenomeni qualificati come paranormali diventano invece facilmente spiegabili.


In questo discorso mi addentrerò un’altra volta, perché voglio sgombrare immediatamente il campo dalla seguente osservazione: “Ma se l’Anima conosce il futuro, allora il futuro è già determinato, quindi noi non siamo più liberi”.


Questo ragionamento nasce da un errore di base, già detto, che consiste proprio nel proiettare la nostra idea del tempo “sequenziale” in ambiti dove il concetto non è più valido.
Anche se alla nostra mente, fortemente influenzata dalle esperienze terrene, può apparire paradossale, due osservatori diversi che osservano lo stesso fenomeno, possono arrivare a diverse conclusioni, a patto che si muovano tra loro a velocità molto diverse.


In particolare il fatto che l’Anima viva un evento futuro come contemporaneo non esclude che per il corpo quello stesso futuro sia totalmente indeterminato, tutto da costruire.
Noi restiamo liberi nelle nostre scelte, e il futuro dipende da noi proprio grazie alla nostra vincolata appartenenza al mondo tridimensionale.


Anche la reincarnazione, in questa ottica, assume un significato molto diverso dalla errata interpretazione fatta in passato, e diventa perfettamente logica e compatibile, se non addirittura necessaria, per comprendere il messaggio cristiano.


Questo tema merita un discorso a sé, per riflettere sulla reincarnazione come unica vita, infinita nella dimensione tridimensionale, ma finita per le dimensioni superiori.
Concludo dicendo che il nostro forte legame con la materia ed i limiti del nostro sistema sensoriale non ci permettono di fare delle esperienze complete della dimensione in cui opera l’Anima, alla quale comunque possiamo avvicinarci con la preghiera e la ricerca ascetica, facendo così delle esperienze parziali.


A queste esperienze siamo continuamente invitati da alcuni fenomeni “strani” che capitano nella vita di ogni giorno a moltissime persone, sui quali rifletteremo assieme con calma e serenità.  

  Abbate Gian Piero