Io sono, Io non sono

di Gian Piero Abbate

Molto è stato scritto sul “Io sono”, sia a livello teologico che psicologico. Ma poco si trova cercando “Io non sono”, almeno nella cultura occidentale.

“Io non sono” è una affermazione che deve essere spiegata, perché ambigua. All’interno di questa riflessione, nata come conseguenza di una intuizione inaspettata durante una seduta di ricerca sull’immortalità del corpo fatta con l’amico Eugenio, l’io non sono non è riferito a: “io non sono qualche cosa”. Cioè non si riferisce a espressioni di negazione, come “io non sono brutto” o “io non sono bello”.

L’Io non sono di questo documento è riferito all’annullamento dell’Essere come fatto esistenziale inevitabilmente collegato all’Io sono. In pratica, l’affermazione è: “Io non posso essere se simultaneamente non posso non essere”. In termini razionali questa è una contraddizione, ma vedremo che le cose non stanno così.

Grazie all’esperienza maturata nelle recenti attività di ricerca, ogni volta che mi trovo di fronte a un paradosso, spontaneamente abbandono la logica e le leggi della tridimensionalità, che sono la base della nostra razionalità, e mi proietto nella multidimensionalità, il mondo della Fisica quantistica.

Mi sono chiesto: “C’è qualche cosa che non esiste, ma può diventare reale, a causa di un evento?”

Ovviamente ho pensato subito alle particelle prive di massa e carica elettrica: esistono, ma di cosa stiamo parlando quando le invochiamo? Ma non mi bastava.

Allora ho pensato a cosa succede quando un forma d’onda viene osservata. Sono cosciente che anche questo è un paradosso, e vi spiego perché, ma l’esperienza ci dice che funziona.

Ho scritto “forma d’onda” e non “onda”: le onde esistono nella tridimensionalità, ce ne sono tante e di vario tipo. Ad esempio ci sono le onde di pressione, quelle che sentiamo, ad esempio, ascoltando musica, o le onde dei campi elettromagnetici, come i raggi di luce.

Ma le forme d’onda sono una cosa astratta e reale nello stesso tempo: una forma è definibile, ma di per sé non è reale. Reale è la forma di qualche cosa, di un oggetto, di un disegno, ma una forma d’onda non riferita a una specifica onda non è qualche cosa di reale, fa parte dell’immaginario.

Sembrerebbe quindi impossibile osservare una forma d’onda astratta.

Invece la Fisica quantistica ci dice che osservando una forma d’onda, questa “collassa”, e si trasforma in una particella. Ma qualcosa di simile lo troviamo anche nella Fisica classica.

Da alcuni anni, in Fisica teorica, si dice che “la materia è una forma di pensiero cristallizzato”.

In pratica se un pensiero viene imprigionato nello spazio/tempo, acquisendo una posizione precisa in un certo istante, questo si trasforma in un pezzo di materia.

Ma cos’è un pensiero? Non è una idea, o una immagine mentale, che sono i prodotti della nostra mente, un pensiero è come una forma d’onda, non ha luogo ed è fuori dal tempo, esiste nella multidimensionalità, ma non esiste nella tridimensionalità. Quindi anche il pensiero è una “forma d’onda”.

Anche nell’esoterismo esiste l’invito a pensare positivo per crearsi una bella realtà: purtroppo spesso si crede che basti avere idee positive, ma se l’invito viene preso alla lettera, allora funziona.

Quindi la Fisica quantistica e l’esoterismo mi sono venuti incontro, ma ho percepito che c’era altro, molto più profondo, da scoprire.

Nella Fisica teorica si parla di materia, antimateria e materia oscura. Queste tre componenti sono collegate tra di loro, anche se siamo ancora lontani da avere un modello chiaro e definito della realtà multidimensionale. Nella teoria delle superstringhe si parla di stringhe d’informazione che determinano la materia nella tridimensionalità. In pratica i fisici guardano alla materia secondo queste associazioni:

materia—> essere

antimateria—> non essere

materia oscura—> la possibilità di manifestarsi quando non ancora espressa

Qualche cosa di simile è presente anche nella teoria della materia formulata dall’ing. Keshe.

Consideriamo un atomo caratterizzato da una certa “modulazione” dei tre aspetti materia – antimateria -materia oscura. La modulazione sarà interpretabile come una stringa di informazione.

Consideriamo ora una molecola formata da molti atomi differenti, tipo il DNA. Keshe sostiene che anche qui esiste una stringa che la descrive. Sostiene che questa si può catturare, modificare, ristrutturare. Proseguendo si arriva all’uomo, ogni essere umano è una stringa particolare, un codice formato da essere, non essere e poter essere. Questa è una visione sconvolgente, ma che sta emergendo nella pratica.

Per fare un esempio, l’ospedale russo dove stanno avvenendo guarigioni e addirittura ricrescite di arti in cancrena usando tecnologie “spirituali”, come le stringhe di Grabovoj, di fatto opera secondo questo schema teorico.

Però, nonostante la valanga d’informazioni arrivate alla mia mente, che ora ho esposto, sempre con Eugenio ho chiesto una chiave che mi permettesse meglio di rappresentare il tutto.

La risposta è stata chiara e forte: “aleph”!

Questa è la prima lettera dell’alfabeto ebraico, e spesso viene confusa con la “a”, anche perché da aleph è nata “alfa”, prima lettera dell’alfabeto greco, che è effettivamente la mamma della “a” latina. Però l’antico alfabeto ebraico è solo consonantico, e aleph non è una vocale, ma una consonate, che quando è all’interno della parola corrisponde a un istante d’interruzione, come se mancasse il fiato, come un improvviso singhiozzo. Corrisponde cioè a un “non essere” all’interno del “essere” parola.

Aleph si scrive così α e, oltre essere la prima lettera, il suo valore è normalmente 1.

Simbolicamente rappresenta l’unione degli opposti, ma ora mi è più chiaro cosa significhi questa affermazione antica. Tradizionalmente la sua forma è fatta derivare dalle acque superiori separate dalle acque inferiori, con il firmamento nel mezzo, di cui si parla all’inizio del libro della Genesi. Il firmamento separa, ma anche unisce i diversi campi di energia nel cosmo. Già qui c’è un punto di connessione con le nuove teorie fisiche. L’acqua, in linguaggio biblico, è il simbolo delle emozioni. Le emozioni stanno nel nostro corpo astrale, detto anche aura o anima, anzi sono proprio configurazioni spaziali degli elettroni che sono l’unico costituente di questo corpo. Le suddette guarigioni nell’ospedale russo che ho citato non sono altro che riallineamenti di queste configurazioni, cioè ripristino delle stringhe d’informazione, sfruttando la capacità di memoria dell’acqua, visto che il nostro corpo è sostanzialmente fatto da questa molecola.

Ma sono anche qualche cosa di più. Ciò che viene sfruttato è il collegamento tra il “vuoto quantomeccanico” a livello atomico e l’universo. Se pensiamo l’uomo fatto di un Corpo, di un’Anima, di un Sé e di uno Spirito, allora il Corpo è fatto di atomi (protoni, neutroni ed elettroni), l’Anima di soli elettroni, il Sé di “materia” priva di massa e carica elettrica, mentre lo Spirito è difficile da sintetizzare in una parola, possiamo dire che è il “Pieno Quantomeccanico”, che i fisici chiamano Vuoto, e che si trova ovunque.

Strano chiamare Vuoto un Pieno che più pieno non si può, ma questo forse deriva dal fatto che anche in questo momento, per leggere questo articolo, la vostra mente non elabora ciò che è scritto nero su bianco, ma elabora i vuoti, cioè il bianco, deducendo così ciò che separa i vari vuoti apparenti. Da un certo punto di vista questo “Vuoto” corrisponde al “non essere”, che ci lega al “Tutto”.

Torniamo alle relazioni con la Fisica: lo Spirito è materia oscura ed è l’Uno, il tutto e il nulla, il Sé è energia libera, come le particelle prive di massa e di carica, e può essere Uno solo con chi vuole, l’Anima è un Corpo materiale (Corpo di luce, astrale, Aura) fatto di elettroni, la Mente è materia, cioè protoni + neutroni + elettroni. Da notare che lo Spirito non è Energia, il Sé è energia libera senza massa, Anima e Corpo sono energia cristallizzata, quindi massa, E=mc2. A ogni livello si applicano leggi fisiche diverse.

Non solo, ad ogni livello corrispondo strumenti diversi. Se lo Spirito è la sede dell’alito vitale, il Sé è il generatore dei nostri pensieri, mentre l’Anima è il contenitore delle emozioni e la testa, ma non solo lei, anche tutti i sistemi di elaborazione distribuiti nel nostro corpo, sono i generatori delle idee.

Però tutto quello che ci accade non dipende dalle nostre idee, ma dai nostri pensieri: non dobbiamo confondere le idee con i pensieri altrimenti cadiamo nell’errore di credere che essere ottimisti o pessimisti possa creare la nostra vita. Il principio del pensiero positivo che crea la realtà è giusto, ma non riguarda le idee.

Il pensiero positivo funziona, ma bisogna rispettare le regole. Noi non possiamo smettere di creare, perché il nostro Sé opera a prescindere dai voleri della nostra mente. Per contro la mente vorrebbe controllare tutto, e di conseguenza, se le due entità non operano allineate, si crea un conflitto. E anche un paradosso: la mente è convinta di determinare gli eventi, e si sente orgogliosa dei successi e depressa dagl’insuccessi, quando invece il tutto è collegato al nostro Sé, e non al caso. Il caso non esiste, nulla succede per caso, l’unico “fato” siamo noi. Noi siamo Uno in continuo movimento, ma questo è contrario al volere della mente, che ama non cambiare.

Tornando a α, le acque superiori sono l’Amore (Chesed in ebraico) di chi ha dato e continua a dare origine al “Tutto”, che nella tradizione ebraica e nella Genesi non ha un nome e non può averlo. Il primo versetto della Genesi recita: “In principio creò Elhoim (il Dio del nostro linguaggio), il Cielo e la Terra”. Chi creò Elhoim? Non è dato saperlo e neppure immaginarlo. Inoltre nel secondo giorno c’è la separazione delle acque, della quale stiamo parlando, e questo Innominabile, con le sue emozioni, resta fuori dal Creato, dal nostro Universo, segno che noi non possiamo avere un rapporto diretto con Lui, ma solo con quel “Dio creatore” che resta da questa parte, per completare la creazione con “il software (i Cieli) e l’hardware (la Terra)” che gli sono stati dati, usando la terminologia informatica, ovvero con l’immateriale e la materia prima. Questo Dio creatore resta con noi, nelle acque inferiori che sono le sue e nostre emozioni.

Il firmamento viene poi ribattezzato “cielo”, da non confondersi con il “Cielo” suddetto. Cos’è il cielo di una stanza? Il suo soffitto, il suo limite. Così la Bibbia ci diceva, migliaia di anni fa, che l’Universo non è infinito, ma limitato, anche se solo recentemente l’Astrofisica ha scoperto che questo è vero, e che quando guardiamo le stelle la notte stiamo contemplando il limite del nostro Universo.

Il firmamento è il canale che separa e anche unifica le due realtà. Visto dal nostro punto di vista, è simultaneamente un limite fisico, ma anche un limite alle emozioni, costituito dal “servizio divino” di tutti gli esseri intelligenti che popolano i vari mondi. Usando il linguaggio della Cabala, le acque superiori sono la “Luce che circonda i mondi”, mentre le acque inferiori sono la “Luce che riempie i mondi”; il firmamento rappresenta il segreto della “Restrizione”, necessaria sia per la creazione che per permettere una libera ricerca della propria divinità, e dell’ “impressione” (reshimo), come apparenza (il velo di Gaia) ma anche il segno “impresso” in ogni cosa, strettamente collegato alle “scintille divine” imprigionate nella materia.

Il nome di α tradizionalmente deriva da “Alefkhà Hokmà” (Giobbe 33,33), cioè “Ti insegnerò la sapienza”, e da “Alufò shel olam” = “Il capo dell’universo”: l’assoluta sovranità di quel Principio superiore, che è il controllore e re supremo di ogni cosmo creato, pur non essendo “imprigionato” in nessuna creazione.

Abbiamo detto che aleph vale 1. Come sempre questo è un simbolo, che ha molti significati. Abbiamo elaborato molte matematiche, dalla più semplice, quella binaria utilizzata nei computer, a sistemi complessi, che non hanno ancora trovato un’applicazione pratica, ma tutte contemplano almeno lo zero e l’uno. 1 è la base e la chiave di ogni numero, di ogni conto. 1 è l’essere, così come 0 è il non essere.

1 è anche il simbolo dell’unità del popolo di Dio. Ma è anche l’unità di Dio, di quel Dio che opera in noi. “Shemà Israel YHVH”, cioè “Il nostro Dio è 1”.

Anche le religioni orientali ci tramandano degl’importanti concetti utili per questa riflessione. Nell’Upanisad, “Brahman” è simultaneamente “essere” e “non essere”. Se tutto esiste ed è reale tramite l’unità della sua trinità, formata da Sat, Cit e Ananda (esistenza, coscienza e felicità), contemporaneamente Brahman è la realtà in sé, senza distinzioni tra manifesto e immanifesto. Quindi Cit è la coscienza interiore dell’esistenza di un Brahman indefinibile, il Verbo mai udito, il Pensiero non pensato, il Veggente mai veduto. Il non essere. Il messaggio più importante in questo contesto ci arriva da un’altra filosofia orientale, poi trasformata in religione: il Taoismo. Nella filosofia del Tao, “La via veramente via non è una via costante. I termini veramente termini non sono termini costanti.

Il termine “non essere” indica l’inizio del cielo e della terra; il termine essere indica la madre delle diecimila cose. Così, è grazie al costante altalenarsi del non essere e dell’essere che si vedranno dell’uno il prodigio, dell’altro i confini. Questi due, sebbene abbiano una origine comune, sono designati con termini diversi. Ciò che essi hanno in comune, io lo chiamo il mistero, il mistero supremo, la porta di tutti i prodigi” (Tao-tè-ching. Il libro della via e della virtù).

Meravigliosa sintesi di tutto ciò che abbiamo detto sinora. Nel Tao la Via sempre cambia e sempre resta la stessa. L’idea di Via è inconsistente con la linearità della mente umana, è un paradosso segnato dal flusso dell’essere e del non essere. Solo unendo la razionalità con l’irrazionale si arriva a comprendere.

La grande Via alla perfezione è neutra, lascia che tutto sia, senza alcun sforzo o tentativo di dirigere gli eventi verso un dato fine. L’ideale del Tao coincide con quanto da molto tempo diffondo, che è l’astensione dal scatenare azioni sulla base dei ragionamenti. I due principi fondamentali, yin (femminile) e yang (maschile) sono gli stessi della Cabala e della nostra religione (“A propria immagine li fece, maschio e femmina li fece”).

Non una contrapposizione, com’è nella nostra cultura occidentale che ha piegato alla sua visione persino le fondamenta delle religioni, creando una lotta tra il bene e il male, ma una complementarietà, dove maschile e femminile collaborano, non potendo esistere in modo indipendente. In qualche modo 1 e 0, il tutto e il nulla, l’essere e il non essere, complementari tra loro. Anche se l’uomo tende a rivolgersi verso la luce, sia questa che il buio sono indispensabili, perché nascono assieme. Einstein, da giovane, disse al suo maestro che il buio è semplicemente “l’assenza di luce”, e difatti il buio in Fisica non esiste, almeno a livello materiale.

Questo innesca anche un discorso di estrema attualità, che è il raggiungimento dell’immortalità. Nella logica del Tao questo è un obiettivo possibile per l’uomo, che allunga sempre più la sua vita quanto più non scatena azioni, ma resta fedele all’armonia naturale, alla sua Via naturale.

Questa riflessione ci riporta all’inizio del documento, visto che la seduta era proprio dedicata alla ricerca dell’immortalità, e che la correlazione tra quest’ultima e “essere e non essere” non era immediatamente chiara.

La chiave è in α, la Via la possiamo trovare nel Tao, gli strumenti li troviamo in una tecnologia spirituale che si chiama Cabala. Il quadro è completo.

12/12/2015