DELLA VITA E DELLA MORTE (2002)

Le Sacre Scritture cosa ci dicono sulla vita e sulla morte della persona umana

PARTE Ia: DELLA VITA

Numerosi sono i brani dell’Antico e del Nuovo Testamento che contengono le parole “vita” o “morte”.

In quest’articolo sono state omesse solo alcune frasi, che erano inutili ripetizioni di quelle già riportate, ma sono presenti tutti i passaggi significativi che contengono almeno una di queste due parole.

La nostra ricerca non è completa, perché dovrebbe spaziare anche su molti altri brani che, pur non contenendo questi termini, sono ad essi collegati.

Inoltre questo scritto non tende a dimostrare una specifica ipotesi di partenza, ma vuole addentrarsi nelle Sacre Scritture per cogliere i significati attribuiti ai termini “vita” e “morte”.

Per presentare i risultati di quest’analisi i brani sono stati raggruppati per tema, ed essendo i termini ambigui, si è deciso di utilizzare la prima lettera minuscola quando il termine si riferisce alla vita o morte del corpo terreno, la maiuscola quando è riferito ad un contesto globale o spirituale.

La Vita o la Morte dell’anima è stata analizzata e chiarita in più punti, non essendo facile intuire come si possa parlare di “morte” dell’anima, almeno a partire dal concetto di anima che è largamente diffuso nella cultura cattolico – europea.

Tutti i testi in corsivo si riferiscono alla versione approvata dalla CEI.

La pienezza della Vita

GEN 2:7 allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. 

L’uomo non prende vita a partire dalla sua creazione, così come succede agli animali o a tutte le altre cose, ma inizia la sua esistenza in un modo del tutto particolare.

Divenire “un essere vivente” non significa essere un animale “uomo” che vive, ma ricevere direttamente dal Creatore il suo “alito di vita”.

Da quanto detto deriva che in questo caso il termine si riferisce alla Vita piena, la più completa nella creazione, quella riservata a chi è stato creato a Sua immagine e somiglianza per diventare, un giorno, Suo figlio.

GEN 2:9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.

Non essendoci ancora la morte, è chiaro che questa può essere solo la Vita nella sua globalità, essendo per il momento il corpo e l’anima indissolubilmente legati.

DT 6:24 Allora il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, temendo il Signore nostro Dio così da essere sempre felici ed essere conservati in vita, come appunto siamo oggi.

Il “timor di Dio”, oggi spesso dimenticato, è la condizione naturale per godere della pienezza di Vita che da Lui ci proviene, sin dalla creazione.

Questa è anche la condizione per essere “sempre felici”.

DT 30:15 Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; 

Qui la vita è associata al bene, la morte al male, volendo ricordare che sia la morte sia il male sono entrati nella storia per cause esterne alla creazione.

Il Creatore ci aveva donato la Vita piena, e con essa l’eterna felicità e il nostro bene assoluto, ma la disubbidienza ha portato al male, e quindi alla morte, anche alla Morte “assoluta”, in altre parole la “morte seconda” di cui parla Giovanni, come vedremo meglio in seguito.

La vita del corpo

GEN 5:5 L’intera vita di Adamo fu di novecentotrenta anni; poi morì. 

GEN 5:8 L’intera vita di Set fu di novecentododici anni; poi morì. 

GEN 5:11 L’intera vita di Enos fu di novecentocinque anni; poi morì.

GEN 5:14 L’intera vita di Kenan fu di novecentodieci anni; poi morì. 

GEN 5:17 L’intera vita di Maalaleèl fu di ottocentonovantacinque anni; poi morì.

GEN 5:20 L’intera vita di Iared fu di novecentosessantadue anni; poi morì. 

GEN 5:23 L’intera vita di Enoch fu di trecentosessantacique anni. 

GEN 5:27 L’intera vita di Matusalemme fu di novecentosessantanove anni; poi morì.

GEN 5:31 L’intera vita di Lamech fu di settecentosettantasette anni; poi morì. 

Ci sono altri brani simili, che non sono stati riportati, ma tutti fanno riferimento a lunghissime durate della vita terrena.

In passato si era ipotizzato un diverso modo di scandire il tempo, ma l’ipotesi non regge dal punto di vista storico.

In alternativa si è pensato a un valore simbolico della durata, come se la lunga permanenza dell’anima nel corpo comportasse anche una migliore vicinanza a Dio.

Questa interpretazione si rifà alla tradizione sacerdotale, che voleva colmare l’arco di tempo tra la creazione ed il diluvio, e che voleva mettere in rapporto la durata della vita con il progresso del male nel genere umano.

GEN 6:3 Allora il Signore disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni”.

Questa decisione deriva da quanto detto in Gen 6,1-2, e cioè che “i figli di Dio” avevano iniziato a sposare le figlie degli uomini.

Secondo la tradizione jahvista esisteva una razza d’uomini giganteschi, in ebraico detti Nefilim, nati dall’unione tra donne mortali ed esseri celesti.

Questi superuomini e la loro degenerazione porteranno al diluvio.

Limitare la durata della vita significa quindi anche arginare il male dilagante; per altro una rinnovata longevità sarà uno dei privilegi dell’era messianica (Is 65,20).

GEN 32:31 Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel “Perché – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva”.

L’uomo non è degno di vedere Dio in faccia, pena la morte. Solo pochi hanno avuto la grazia di restare in vita, in particolare Mosè ed Elia, che saranno testimoni della trasfigurazione di Cristo e resteranno nella nostra tradizione come i due più importanti rappresentanti della mistica cristiana.

Spesso ci si dimentica che, secondo il Vangelo, Mosè ed Elia sono tuttora viventi.

ESO 6:16 Questi sono i nomi dei figli di Levi secondo le loro generazioni: Gherson, Keat, Merari. Ora gli anni della vita di Levi furono centotrentasette. 

ESO 6:18 Figli di Keat: Amran, Isear, Ebron e Uzziel. Ora gli anni della vita di Keat furono centotrentatrè. 

ESO 6:20 Amram prese in moglie Iochebed, sua zia, la quale gli partorì Aronne e Mosè. Ora gli anni della vita di Amram furono centotrentasette. 

La genealogia di Mosè e di Aronne dimostra che il precedente limite di 120 anni è ormai decaduto, ma l’uomo non ha ripreso la sua longevità iniziale.

SIR 37:25 La vita dell’uomo ha i giorni contati; ma i giorni di Israele sono senza numero.

In questo caso Israele è l’insieme dei “figli di Dio”, che sono stati creati per l’eternità, mentre l’uomo, come vita corporea, ha un limite intrinseco.

1COR 6:3 Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!

Qui Paolo si riferisce chiaramente alla vita terrena, ma è interessante il passo relativo agli angeli, che non trova spiegazione se non in una prospettiva di “passaggio” dell’uomo ad un livello superiore nella gerarchia celeste.

La Vita dell’anima

GEN 3:24 Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita. 

Ora siamo dopo la caduta, quindi la vita dell’uomo è diventata limitata, e l’uomo non è più degno di attingere all’albero della Vita.

In questo caso si parla dell’uomo mortale in contrapposizione con un albero che dona la Vita dell’anima: solo con quest’interpretazione è possibile dare un significato alla decisione di difendere l’albero attraverso i cherubini e la spada.

Altrimenti, che bisogno ci sarebbe di difendere dall’uomo qualche cosa che è ormai diventata per lui inaccessibile? Evidentemente non è così!

SAL 16:10 perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.

SAL 16:11 Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.

Il salmista reclama come un diritto l’intimità indissolubile tra la sua Vita mistica e il Creatore, a testimonianza dell’immortalità dell’anima.

SAL 21:5 Vita ti ha chiesto, a lui l’hai concessa, lunghi giorni in eterno, senza fine.

Il precedente concetto è ribadito con maggiore chiarezza.

SAL 27:1 Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore? 

SAL 27:4 Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario.  

SAL 30:4 Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi, mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.

L’insieme dei tre brani è molto esplicito e riguarda l’anima. Ai “figli di Dio”, cioè a coloro che fanno la volontà del Padre, è data una Vita eterna, che ha già vinto la morte, e permette di abitare ogni giorno nella casa del Signore.

Questa sarà anche la condizione unica alla fine dei tempi, quando la morte sarà definitivamente vinta per tutti, eletti e no.  

PR 11:30 Il frutto del giusto è un albero di vita, il saggio “conquista gli animi”.

Traduzione di comodo, dovuta alla distorta mentalità greca, mentre il testo originale dice: “il saggio toglie la vita”.

Quel “togliere la vita” era una dicitura molto imbarazzante per dei traduttori greci che non ne capivano il significato: è chiaro che i Proverbi non invitano i saggi ad ammazzare tutti i peccatori!

Viceversa il versetto enuncia semplicemente una regola generale: si possono dire spiriti giusti coloro che operano per la Vita, saggi coloro che operando secondo la Giustizia fanno sì che i peccatori perdano la loro Vita.

Il saggio quindi non toglie la Vita per sua decisione, ma a causa del suo operare secondo la Giustizia.

PR 15:24 Per l’uomo assennato la strada della vita è verso l’alto, per salvarlo dagli inferni che sono in basso.

L’ascesa è chiaramente quella spirituale, che ogni uomo assennato deve cercare. 

PR 16:17 La strada degli uomini retti è evitare il male, conserva la vita chi controlla la sua via.

Ancora una volta si tratta della Vita spirituale, che si conserva solo controllando la propria vita terrena, evitando il male.

PR 21:21 Chi segue la giustizia e la misericordia troverà vita e gloria.

Giustizia e misericordia servono a trovare la Vita e la gloria dell’anima, altrimenti ben poche persone sarebbero viventi in questo mondo. 

IS 4:3 Chi sarà rimasto in Sion e chi sarà superstite in Gerusalemme sarà chiamato santo, cioè quanti saranno iscritti per restare in vita in Gerusalemme.

Questo è un passo fondamentale per capire la spiritualità del cristianesimo.

“Il monte Sion, dimora divina, è la città del grande Sovrano” (Sal 48,3) mentre Gerusalemme è la città santa, dove idealmente risiedono tutti i “figli di Dio”.

Sante, cioè destinate a restare in Vita per sempre, sono quelle anime che durante la loro evoluzione, quindi anche durante la vita terrena, sapranno o rimanere nella casa del Signore o nell’insieme dei figli di Dio.

Tutti costoro saranno gli eletti destinati alla nuova Gerusalemme dopo il ritorno del Cristo, come è confermato anche nell’Apocalisse.

Il futuro di “saranno iscritti” indica il nostro libero arbitrio nell’arco di tutta la storia. 

EZ 37:10 Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.

OS 6:2 Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza.

Questi due brani sono collegati, facendo entrambi riferimento a visioni profetiche relative alla resurrezione.

Ezechiele vede i corpi dei morti ricomporsi, mentre Osea invita a tornare a Dio, ed è impressionante la predizione dell’esperienza di Gesù.

L’esperienza di morte a cui si fa riferimento è quella del corpo, mentre la Vita che viene donata è quella piena, in un nuovo corpo, che però è ancora fatto di materia, come Ezechiele cerca di farci comprendere.

Dalla narrazione del Vangelo sappiamo però che il corpo del Cristo risorto è fatto di una materia particolare, molto più sottile di quella che attualmente ci circonda.

Su questo argomento si tornerà nel seguito.

SAP 1:14 Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra, perché la giustizia è immortale.

Il libro della Sapienza parla del destino umano, e qui ricorda come il Signore abbia creato solo la Vita, e sia possibile per tutti noi restare in Vita dalla creazione sino alla fine dei tempi.

MT 7:14 quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!

Matteo c’invita a cercare la porta stretta, quella più difficile, per arrivare alla Vita della nostra anima.

MT 19:16 Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”.  

MT 19:17 Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”.

Entrare nella Vita non vuol dire nascere e vivere: ci sono molte persone che sono morte sin dalla nascita e continuano a restare tali anche se la vita del loro corpo scorre tranquillamente.

Su questo punto i Vangeli sono concordi; Matteo, riportando questa risposta di Gesù, vuole sottolineare che la Vita dell’anima, cioè la Vita eterna, si ottiene facendo la volontà del Padre, che può essere diversa per ciascuno di noi, ma risponde sempre ai principi generali enunciati nei comandamenti.

In ogni caso ciò che ci salva non è l’essere buoni, ma la bontà del Padre.

LC 15:24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

Questa frase, che si ripete quasi testualmente anche alla fine della parabola, mette a confronto la situazione di Morte e di Vita del figlio che si era allontanato dal padre; il figlio era perduto, cioè morto per il padre, ma quando torna, il padre lo accoglie donandogli nuovamente la Vita, simboleggiata nella parabola dal suo status di figlio.

Deve essere notato che il figlio perduto torna pensando di non poter più venire ammesso con questo status, e chiede semplicemente di essere annoverato tra i servi, cosciente dei suoi peccati.

Ma l’Amore del padre è tale che il dono di una nuova Vita risulta gratuito, cancellando tutte le colpe passate.

Da questo punto di vista né il figlio minore né quello maggiore capiscono la logica del padre, ed altrettanto spesso facciamo noi.

Per questo motivo Gesù ha narrato questa parabola, che andrebbe meditata spesso e a lungo, perché nasconde molte regole del nostro presente e futuro.

GV 1:4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 

La Vita, luce degli uomini, che era nel Verbo, cioè in Dio, non può che essere quella spirituale, anche se da questa luce è sgorgata nella creazione ogni forma di vita possibile.

GV 5:21 Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;

Il Cristo da la Vita a chi vuole, non perché controlli le nascite, ma come atto di Amore nei confronti di coloro che lo cercano.

Esattamente come il Padre, che non accetta l’esistenza di anime morte, e continua a donare a tutti il suo Amore, permettendo anche ai “morti” di tornare in Vita, se lo desiderano. 

GV 5:24 In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Brano importantissimo, anche alla luce di quanto è scritto nell’Apocalisse, ma difficile da comprendere senza delle solide basi, o di natura spirituale o almeno sulla vera dimensione spazio-temporale in cui tutto l’universo evolve.

Su questo punto molti commenti delle bibbie in circolazione sono errati, parlando ad esempio di “strati redazionali diversi” per cercare di concordare il giudizio futuro (escatologico) con questa mancanza di giudizio finale per alcuni.

In realtà Giovanni ci vuole dire che il giudizio sui vivi e sui morti non è un evento temporale concentrato in un attimo, come la nostra immaginazione, ingannata dalle false percezioni del tempo, ci porterebbe a credere.

Il giudizio si estende dalla creazione al ritorno di Cristo, e pertanto chi sarà sempre stato in Vita sarà solo chi ha sempre ascoltato la Sua parola e ha creduto in Lui: per costoro non sarà necessario un giudizio, che risulta invece indispensabile per chi si trova in stato di morte o per questo stato è passato, nell’arco della storia.

Per fare un esempio, Mosè ed Elia, da sempre vivi, non avranno bisogno di questo giudizio.

Ovviamente Vita e Morte sono entrambe riferite all’anima, non al corpo.

GV 5:26 Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;

Giovanni, ancora una volta, è molto profondo e preciso nelle sue definizioni.

Il concetto di Vita legato al Cristo è diverso da quello di Vita delle nostre anime, perché Cristo è Dio, per lui non può esistere la Morte.

Il Figlio e la Vita coincidono.  

GV 6:48 Io sono il pane della vita.

Detto che Cristo e la Vita coincidono, Cristo, per bocca di Gesù, ci dice che Lui è il pane della Vita, cioè è il cibo spirituale del quale dobbiamo nutrirci per restare in Vita.

GV 6:51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. 

In questo versetto ci sono almeno tre affermazioni fondamentali: Cristo è il pane vivo, nel senso suddetto, disceso dal cielo per donarci la Vita; chi si nutre di Lui vivrà in eterno; questo pane è la sua stessa incarnazione, che verrà offerta come sacrificio perenne, intendendo con questo termine un sacrificio tuttora in atto, che troverà compimento solo con l’avvento del Regno.

GV 6:53 Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.  

L’invito di Gesù è di dimorare in Lui, cioè di stabilire con Lui un legame simile a quello di Cristo con il Padre Celeste.

Gesù, figlio dell’uomo, incarnazione del Cristo, ci vuole portare ad essere tutti “figli di Dio”, ed offre tutto se stesso per questo scopo.

Mangiare la Sua carne e bere il Suo sangue vuol dire rifiutare la nostra incarnazione per entrare nella sua.

Vuol dire anche comprendere il “Dio che è in noi”: come potremmo avere la dignità di affrontare l’Eucarestia se non avessimo la certezza che Lui alberga in noi?

GV 6:63 E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.

Per la prima volta in questa analisi troviamo lo Spirito, che svolge un importante ruolo nella storia contemporanea.

Lo Spirito ci è stato mandato dopo la resurrezione come nostro aiuto, ma in questo brano viene evocato da Gesù a fronte dell’incredulità dei alcuni discepoli, che lo criticavano per il linguaggio duro ed ermetico.

Gesù li invita ad ascoltare attraverso le orecchie dell’anima, e non quelle del corpo, dicendo loro che lo Spirito è quello che dona la Vita dell’anima, e quindi anche la capacità di comprendere.

Se è giusto usare la razionalità, è però sbagliato basare tutto sulla carne, perché le verità di fede si possono avvicinare solo attraverso tutto noi stessi, anima e corpo.

GV 20:31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Questa è la prima conclusione del Vangelo di Giovanni, evidentemente riferita alla nostra libertà di scegliere o no la Vita eterna.

AT 7:38 Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi.  

Questo brano è riferito a Mosè, secondo mediatore dopo Abramo, che aveva indicato al popolo d’Israele la via verso la Vita eterna.

Mosè è qui presentato come precursore di Gesù, che porterà la Parola definitiva.

AT 11:18 All’udire questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: “Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!”.

Pietro a Gerusalemme deve giustificare la sua condotta perché rimproverato di aver esteso la salvezza anche ai pagani.

Ma Pietro ha semplicemente fatto la volontà di Dio, memore della parola del Signore, che battezza in Spirito Santo.

La Vita che viene donata ai pagani è evidentemente quella spirituale.

AP 13:8 L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello immolato.  

Concludiamo questa prima parte con due brani dall’Apocalisse.

Gli abitanti della terra il cui nome non è scritto sin dalla creazione nel libro della Vita sono i morti viventi, cioè coloro che adorano “la bestia”, i servitori del male.

La bestia ha potere su tutto, può far guerra ai santi e vincerli, almeno in questo mondo, ma non nell’altro mondo.

Ai santi può essere richiesto il martirio del corpo, ma in questo sta la loro costanza e la loro fede.

Il versetto non esclude che ulteriori nomi possano essere aggiunti durante il Giudizio, che come abbiamo visto abbraccia tutta la storia umana, ma indica che ci sono alcuni nomi scritti sin dalla creazione, e questi sono, ad esempio, i nomi dei santi e dei grandi profeti.

AP 21:6 Ecco sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. 

Con questo versetto ci proiettiamo nella Gerusalemme futura, dopo il Giudizio.

Gli abitanti di quella Gerusalemme saranno “i figli di Dio” per sempre, e il Signore dimorerà con loro, il Signore fonte di Vita eterna.

Resteranno per sempre esclusi “i vili e gl’increduli, gli abietti e gli omicidi, gl’immorali, i fattucchieri, gl’idolatri e tutti i mentitori”, cioè tutti coloro che non avranno accolto la Parola, ai quali è riservato lo stagno ardente, simbolo della pena eterna delle anime morte tornate in vita, ma non alla Vita.

PARTE IIa: DELLA MORTE

La morte del corpo

GB 30:23 So bene che mi conduci alla morte, alla casa dove si riunisce ogni vivente.

Giobbe, nelle sue sentenze, sconsolato dalla mancanza di risposte ai suoi appelli, dice che il suo presente di martirio può condurre solo alla morte.

Nel contesto è chiaro che si riferisce alla morte del corpo.

Si deve notare come la morte sia vista come un passaggio alla casa dei viventi, segno che la distinzione tra morte del corpo e Morte dell’anima ha origini antichissime nella cultura ebraica.

SAP 2:1 Dicono fra loro sragionando: “La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio, quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi. 

Coloro che parlano in questo brano sono gli empi, che non credono in Dio, e quindi considerano la morte come un evento terminale senza rimedio.

2MAC 1:17 In tutto sia benedetto il nostro Dio, che ha consegnato alla morte gli empi.  

Con questa frase termina il ringraziamento per il castigo di Antioco, giudicato assieme ai suoi amici “empio” perché nemico di Gerusalemme e assetato di ricchezze.

In questo caso lo scrittore si riferisce alla morte fisica del re e della sua corte, a cui era stata tesa un’imboscata.

GV 11:25 Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;

Gesù si rivolge a Marta, annunziandole la resurrezione del fratello, ma Marta non capisce, pensando alla fine dei tempi.

Allora Gesù si proclama “la resurrezione e la vita”, e per dimostrarlo a tutti riporta in vita l’amico Lazzaro.

Quindi quel “anche se muore” può essere interpretato in due modi diversi.

Il primo riguarda la morte del corpo, che non può nulla verso la Vita che ci è donata dal Cristo.

Il secondo riguarda la Morte dell’anima, che può essere sempre superata dalla conversione attraverso la persona del Cristo, capace di ridonare la Vita a tutti, vivi e morti.

RM 5:17 Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. 

Per Paolo la giustizia di Cristo è attuale, non occorre aspettare la fine dei tempi.

Quindi la morte del corpo è entrata nella storia a causa del diavolo, ma questa potrà essere vinta da Gesù Cristo alla fine, ed è già vinta oggi attraverso la Vita eterna delle anime vive.

Paolo quindi distingue tra gli uomini vivi che sono Vivi, quelli morti che sono Vivi, quelli vivi che sono Morti e quelli morti che sono Morti.

RM 8:10 E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione.  

RM 8:11 E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 

Paolo chiarisce definitivamente il concetto di morte del corpo e di Vita dello Spirito, a partire dalla convinzione che la giustificazione è attuale, perché è entrata nella storia umana con la vita e la resurrezione di Gesù Cristo.

Come in tutte le sue lettere, Paolo è sempre attento all’uso dei nomi, Gesù, Gesù Cristo, Cristo e Cristo Gesù, e così ci aiuta nella comprensione.

Paolo ci dice che noi siamo sempre in Vita quando lo Spirito di Cristo, che è una realtà mistica, è in noi, a prescindere dallo stato del nostro corpo; quindi, se crediamo, siamo Vivi sia che siamo vivi sia che siamo morti.

Poi ci dice che lo stato di morte del nostro corpo può essere superato grazie all’intervento di questo Spirito: è quanto Gesù ha fatto con Lazzaro come simbolo e profezia di quanto avverrà alla fine dei tempi.

La Morte dell’anima

SAL 68:21 Il nostro Dio è un Dio che salva; il Signore Dio libera dalla morte. 

Come già detto, la morte non è parte della Creazione; quindi in origine l’uomo è stato creato per l’eternità, anima e corpo.

La morte che è stata introdotta nella storia non è solo quella del corpo, anzi questa viene come conseguenza ineluttabile della Morte dell’anima, poiché entrambe le morti sono frutto del peccato.

Però il Signore rimane il Creatore, Colui che salva, quindi anche Colui che libera da ogni morte.

PR 11:19 Chi pratica la giustizia si procura la vita, chi segue il male va verso la morte. 

Magari fosse vero che i malvagi hanno una vita più breve degli onesti: purtroppo spesso è vero il contrario.

Quindi la frase si riferisce chiaramente alla Morte dell’anima.

PR 12:28 Nella strada della giustizia è la vita, il sentiero dei perversi conduce alla morte.

Anche in questo caso vale la considerazione precedente.

PR 14:27 Il timore del Signore è fonte di vita, per evitare i lacci della morte.

Questa frase comporta una visione dinamica della Morte che non ci è consueta.

Essendo la nostra esperienza basata sulla morte del corpo, la percezione istintiva porta ad una visione della morte come di un evento, limitato nel tempo; spesso si parla di un “passaggio”.

Questa visione è errata, sia per il corpo che per l’anima.

Essere morti è uno “status”, una condizione oggettiva di evoluzione, che può comportare dei “lacci”, cioè dei vincoli con il resto del creato.

La Morte non è quindi statica, ma dinamica, ed evolve nel tempo.

EZ 18:4 Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà.

Questo punto, nel contesto globale, serve a chiarire ad Israele che la Giustizia è personale, e le colpe dei padri non verranno imputate ai figli.

Pertanto la Morte è legata al peccato e a chi lo commette.

Ancora una volta la frase ha senso solo se riferita alla Morte dell’Anima.

EZ 18:23 Forse che io ho piacere della morte del malvagio – dice il Signore Dio – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? 

Il Signore ci chiarisce che il suo massimo desiderio è che noi sappiamo ritornare alla Vita piena, così come Lui l’aveva donata.

Esiste quindi un legame stretto tra la nostra vita, in questo mondo, e la Morte dell’anima: con le azioni possiamo uccidere la nostra Anima, pur continuando a vivere, però così offendiamo il Creatore.

EZ 18:32 Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete”.  

Questa frase ha almeno due risvolti, che verranno poi confermati da Gesù Cristo.

Il primo è che il Padre continua ad amarci, senza limiti, e quindi la Morte è per lui sempre negativa, anche quando è riferita a chi l’ha rinnegato.

Il secondo è che la conversione è sempre possibile, proprio grazie a questo Amore infinito: spetta solo a noi convertirci per passare dalla Morte alla Vita.

EZ 33:8 Se io dico all’empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distogliere l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te. 

L’empio è destinato a morire come tutti gli uomini, e della sua morte fisica noi non siamo responsabili.

Però il Signore ci addossa la responsabilità della Morte dell’anima.

Questo brano implica la responsabilità collettiva di tutti coloro che credono ed hanno fede in Dio.

Come confermerà Gesù e poi spiegherà Paolo, la nostra salvezza passa attraverso la rinuncia alla “nostra” vita, per metterci completamente al servizio di Dio.

In questa situazione abbiamo noi la responsabilità della salvezza altrui, anche se Gesù limita questa responsabilità a coloro che ci accolgono in suo nome, invitandoci a non perdere tempo con chi Lo rifiuta a priori.

Per un credente diviene quindi fondamentale operare in un certo modo, quello insegnatoci da tutte le Sacre Scritture, ma anche sviluppare le capacità di discernimento che portano alla Giustizia attraverso la Sapienza.

Solo in questo modo sarà possibile capire chi è “l’empio”, cioè chi è il vivente a fianco a noi che però è “morto” nell’anima.

EZ 33:11 Dì loro: Com’è vero ch’io vivo – oracolo del Signore Dio – io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti? 

Il monito è chiaro, e viene ripetuto anche oggi in molti messaggi che ci arrivano attraverso la Madonna: se la morte del corpo ci spaventa, quanto più ci dovrebbe atterrire la Morte dell’anima!

SAP 1:12 Non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, 

SAP 1:13 perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. 

SAP 2:24 Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.  

Questi brani sono tra loro collegati, e si riferiscono alla Morte come conseguenza delle nostre opere contro Dio.

Rispetto a quanto detto si aggiunge un’ulteriore considerazione: solo chi ha fatto esperienza del diavolo ha fatto anche esperienza della Morte.

Quindi possono esistere delle persone che non hanno provato mai la Morte, così come Gesù, il cui corpo è morto in croce, ma la cui anima non ha mai fatto esperienza del diavolo.

SAP 16:13 Tu infatti hai potere sulla vita e sulla morte; conduci giù alle porte degli inferi e fai risalire. 

Anche se la Morte non è creatura di Dio, il Signore ha potere su tutto, anche su tutto ciò che riguarda le nostre esperienze di vita.

In questo senso, seppur nell’amarezza, ci conduce alle porte degl’inferi, così come, nella gioia, ci fa risalire alla Vita.

Il Signore rispetta la nostra libertà di scelta e ci è sempre accanto, anche quando scegliamo il male, grazie al suo Amore gratuito.

Difatti, come dirà Paolo, è grazie a questo Amore che è possibile la salvezza.

GV 5:29 quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.  

Giovanni distingue tra due resurrezioni dei corpi, una che porta alla Vita, l’altra che porta alla Morte.

GV 8:51 In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”.

GV 8:52 Gli dissero i Giudei: “Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte”.

Gesù afferma con autorità il suo dominio sulla Morte, ma ciò genera la reazione dei Giudei, che confondono la morte con la Morte.

Il corpo di Abramo è morto, ma Abramo è vivo, ed è tuttora qui in mezzo a noi.

Questa realtà verrà sperimentata dagli apostoli che seguiranno Gesù sul monte, ma è già racchiusa nell’antico detto che il Signore è il Dio dei viventi.

Cristo esiste da sempre, ed Abramo ne ha fatto esperienza attraverso Isacco, quindi l’affermazione di Gesù ha due interpretazioni che sono connesse tra loro ed entrambe importanti.

Dal punto di vista umano, cioè della storia come sequenza di eventi, tutti hanno potuto fare esperienza del Cristo, sin dalle origini del mondo, e chi ha fatto o farà la volontà del Padre, in ogni epoca, non ha conosciuto la Morte.

Poi, con l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, questa realtà si è rivelata a tutti gli uomini, storicizzandosi assieme alla Buona Novella, per preparare il genere umano all’avvento del Regno.

Quindi c’è perfetta identità tra l’osservare la Parola e fare la volontà del Padre.

RM 5:18 Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita.  

Paolo rende comprensibile quanto appena detto commentando il Vangelo di Giovanni.

RM 6:10 Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio.  

Paolo si riferisce a Gesù in quanto uomo fatto di carne.

Gesù, pur senza aver mai peccato, in quanto uomo di carne doveva fare l’esperienza della morte corporea; però è stato poi resuscitato dal Padre, vivendo quella che sarà l’esperienza di noi tutti.

In questo senso Gesù è morto al peccato una volta per tutte, perché l’unica esperienza di “peccato” che ha vissuto è stata quella della morte del corpo.

Per contro, grazie alla sua resurrezione, ora vive l’esperienza completa di Dio.

RM 14:9 Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. 

Paolo motiva quanto detto sopra; se Gesù non fosse morto, Cristo non potrebbe essere il Signore dei morti e dei vivi.

Gesù Cristo è il Signore ed attraverso Lui tutti si possono salvare perché il Figlio di Dio è passato, nella sua esperienza umana, attraverso la morte e la resurrezione.

Questo brano è stato qui inserito proprio per chiarire che le connessioni tra vita e Vita e tra morte e Morte sono molto profonde, e necessitano di ulteriori approfondimenti per essere comprese.

1GV 3:14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte.  

La Morte dell’anima ha ripercussioni su piano pratico delle azioni, come ben sanno coloro che sono passati dalla Morte alla Vita.

1GV 5:16 Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita; s’intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte: c’è infatti un peccato che conduce alla morte; per questo dico di non pregare.  

1GV 5:17 Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte.  

Giovanni c’invita a riflettere sul termine “peccato” e le sue conseguenze.

Ogni manchevolezza è un peccato, ma Giovanni distingue tra i peccati che portano alla Morte dell’anima e quelli di minore entità: è la base per quanto la Chiesa ha codificato come “peccati mortali” e “peccati veniali”.

Giovanni afferma inoltre che non commette peccato mortale chi crede in Gesù Cristo, perché costui è nella Vita.

Però nessuno è perfetto, tranne Gesù, quindi alcune manchevolezze verranno commesse a causa della nostra debolezza umana; a queste si può riparare, anche con l’aiuto delle preghiere dei fratelli.

Se però il peccato è mortale, cioè comporta la Morte dell’anima, le preghiere non possono servire, anche perché non avrebbero senso: come potrebbe il Signore aiutare chi lo ha rinnegato senza infrangere il libero arbitrio?

Ciò non significa che dalla Morte non si può uscire, ma che l’unica via di uscita è una conversione dell’individuo attraverso Gesù Cristo.

Sicuramente Giovanni, nello scrivere, ha in mente Gesù quando dice: ”e scuotete la polvere dai vostri piedi”, riferendosi a coloro che non accolgono la Parola, cioè ai Morti.

Il prossimo futuro

1TS 4:15 Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti.

Splendida la chiarezza teologica di Paolo, che afferma la continuità di vita eterna da parte di coloro che sono Vivi.

Purtroppo spesso questo brano è stato male interpretato, riconducendo quel “e saremo ancora in vita” a credenze della prima Chiesa, secondo le quali il ritorno di Cristo doveva avvenire in un arco di tempo molto breve.

Questa interpretazione però non regge al confronto con la vita di Paolo, i suoi stati d’animo e la coscienza del suo prossimo martirio.

Paolo qui enuncia la relatività del tempo, che non conosce da un punto di vista scientifico, ma che sperimenta spiritualmente grazie alla sua particolare condizione di vivente passato attraverso ad una singolare “conversione”.

Paolo c’invita ad abbandonare la visione classica della storia e a pensare al Giudizio come un evento distribuito in ogni epoca.

Il fatto di vivere l’esperienza terrena in un certo momento storico, in particolare dopo l’avvento di Gesù Cristo, non ci darà alcun vantaggio rispetto a chi è vissuto in altre epoche.

Questo è ovvio per chi crede nella relatività del tempo, e quindi nella reincarnazione, ma è altrettanto vero anche per chi più semplicemente crede che “in principio era il Verbo”.

AP 20:4 Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni;

AP 20:5 gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione.

AP 20:6 Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.

Giovanni distingue due ritorni del Cristo: il primo è l’avvento del Regno per mille anni, il secondo è la fine dei tempi.

Di conseguenza Giovanni distingue anche tra due diverse morti e resurrezioni.

La prima ci riguarda da vicino, perché secondo i profeti dovrebbe essere prossima, mentre la seconda avverrà almeno tra oltre mille anni, in una data che nessuno può conoscere.

Al primo ritorno del Cristo avviene un primo giudizio parziale, perché non tutti tornano in vita.

Essendo questi mille anni segnati dalla Pace e dalla Giustizia, solo coloro che sono morti in Grazia di Dio torneranno in vita, e questi resteranno in Vita per sempre.

La conseguenza di quanto detto è che il tempo per le possibili conversioni è quasi scaduto, dopo di che la situazione resterà consolidata per un millennio.

La nostra prospettiva immediata è quindi di gioia e di serenità, visto che dopo un periodo di passaggio e di purificazione, la Terra è destinata ad ospitare Cristo per mille anni, e con lui la Pace e la sua Giustizia.

La vittoria finale

IS 25:8 Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. 

Isaia predice quanto avverrà alla fine dei tempi: tutti i popoli andranno al “banchetto di Gerusalemme” e la morte sarà vinta per sempre.

OS 13:14 Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte? Dov’è, o morte, la tua peste? Dov’è, o inferi, il vostro sterminio? La compassione è nascosta ai miei occhi. 

Altro riferimento alla conversione finale d’Israele, che porterà alla vittoria sulla morte come ultimo e definitivo evento.

1COR 15:26 L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte,  

Paolo conferma quanto detto da Isaia e da Osea.

1COR 15:54 Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria.

Paolo puntualizza meglio quali sono le condizioni che accompagneranno la vittoria sulla morte: il primo corpo, corruttibile, è quello astrale, cioè l’anima, che oggi può morire per un peccato mortale, ma dopo il giudizio finale sarà Vivo per sempre; il secondo corpo è quello materiale, oggi mortale, che alla fine è anch’esso destinato alla resurrezione, ma in forma immortale.

Dalle poche notizie che sappiamo su Gesù Cristo risorto, che è l’unico asceso in Cielo corpo ed anima, si può dedurre che dopo risorti il rapporto tra corpo ed anima non sia più così come oggi lo sperimentiamo, ma le due entità si fondino in un insieme con legami più profondi di quelli attuali.

AP 2:11 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.

Giovanni preannuncia ciò che spiegherà più avanti, e cioè che ci sono due morti, e che chi parteciperà al Regno dei mille anni, non sarà colpito dalla seconda Morte.

AP 20:12 Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere.  

AP 20:13 Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere.  

Giovanni descrive il giudizio finale, dove tutti sono convocati, Vivi e Morti.

AP 20:14 Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco.  

AP 20:15 E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.  

La vittoria sulla morte porta come conseguenza che anche tutti i Morti saranno gettati nello stagno di fuoco con essa, per l’eternità.

AP 21:8 Ma per i vili e gl’increduli, gli abietti e gli omicidi, gl’immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E’ questa la seconda morte”.  

Giovanni specifica meglio quali sono gli atteggiamenti che conducono alla Morte dell’anima.

Tutti coloro che si troveranno in queste condizioni al ritorno di Cristo sono destinati, in prima istanza, a non vivere i mille anni intermedi.

Se poi non si convertiranno, allora saranno dannati per sempre.

Considerazioni sulla resurrezione cristiana

Da questo breve analisi sorgono spontanee alcune riflessioni sul concetto di resurrezione della religione cristiana.

Per prima cosa, la resurrezione riguarda sia il corpo che l’anima, pertanto non è un evento puramente di natura spirituale, ma coinvolge il mondo materiale.

D’altra parte la distinzione tra spirito e materia, in una visione globale, è ben poco legata al nostro mondo delle percezioni: sia l’Antico che il Nuovo Testamento sembrano parlare di dimensioni a noi poco conosciute rispetto alle esperienze quotidiane, ma che possono essere intraviste se ricondotte alle correnti teorie della Fisica quantistica e relativistica.

Inoltre nell’Apocalisse si parla esplicitamente di due momenti diversi, il ritorno di Cristo sulla Terra e il giudizio finale, entrambi connotati da resurrezioni.

Il che induce a pensare ad un processo distribuito nel tempo.

Le caratteristiche del corpo del Gesù risorto sono poi molto particolari: il suo corpo è molto sottile, passa attraverso i muri, ma può materializzarsi, ed anche mangiare e bere; inoltre Gesù può modellare il suo corpo, e farsi riconoscere o no a suo piacere.

Questa testimonianza ci porta a dedurre che corpo ed anima, una volta risorti, possano esprimere completamente tutte quelle doti che normalmente noi chiamiamo “soprannaturali”, e forse altre ancora, che non conosciamo.

Nella visione cristiana la resurrezione dei soli corpi non ha senso, ed è esplicitamente esclusa da molti profeti, da Gesù, da Giovanni e da Paolo.

Così come la confusione tra “immortalità” dell’anima e sua Vita eterna non dovrebbe essere possibile, anche se in molti credenti ed anche in molti pastori questa confusione è oggi presente.

L’anima può morire esattamente come il corpo, pur essendo “immortale”, perché questo termine è errato etimologicamente, e si dovrebbe dire che l’anima è eterna.

Infine Giovanni di rivela che ci sono peccati mortali e non, e che ci sono due morti per l’anima, una che appartiene alla storia, e che può essere superata con una conversione, ed una “morte seconda” che è definitiva, corrispondente alla dannazione eterna.

Considerazioni finali

Spesso il tema della morte e della vita non viene affrontato in modo corretto, neppure durante il catechismo.

Da sempre l’errata applicazione di testi sacri che parlavano della morte dell’anima alla morte del corpo ha comportato nelle persone semplici paure che hanno inibito la capacità di fede nel Signore.

Invece il Signore ci ama, tutti, e ci vorrebbe tutti sempre in Vita, cosa che è per noi possibile, visto che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.

Il “Dio che è in noi” cerca in tutti i modi di condurci verso la Vita, e se noi scopriamo la sua presenza, allora faremo come il cercatore di perle della famosa parabola.

Una giusta presentazione di quanto le Sacre Scritture dicono aiuterebbe tutti a superare la più radicale delle paure umane, cioè la paura della morte, e visto che la paura è il nemico numero uno della Fede, ciò aiuterebbe tutti a costruire un mondo migliore, sia spiritualmente che materialmente.

Non aver paura di morire comporta anche maggior coraggio nel vivere, e nel combattere a favore della propria Fede.

Questa breve analisi, non certo esaustiva, si conclude con la speranza che qualche persona, leggendo queste righe, abbia ritrovato una prospettiva che dona serenità, e, se necessario, si ravveda in tempo, prima del ritorno di Cristo.