Anche gli scienziati sono uomini

Ogni volta che si prospetta un cambiamento, è istintivo per l’uomo opporre una resistenza.
A questa realtà, ben nota agli studiosi del comportamento umano, non sfuggono di certo i ricercatori e gli scienziati, almeno quelli meno illuminati. Ad esempio, la storia della fisica è costellata da rifiuti e derisioni per ogni “rivoluzione”, da quella copernicana sino alla teoria della relatività.


Di Einstein si parla ancora come un grande genio, e in questa definizione aleggia tutto lo scetticismo, per non parlare della derisione, con cui molti coetanei accolsero le sue teorie.
L’errore, da sempre commesso, è quello di abbandonare il rigore scientifico per anteporre preconcetti derivanti dalla propria formazione, dalla cultura dominante, dalla fede, o comunque da un atteggiamento “fideistico” che per sua natura è l’opposto di quanto si richieda a un serio ricercatore scientifico.


Questo stesso errore viene oggi perpetuato su due argomenti molto discussi: la vita extraterrestre e gli UFO.
Mentre negli USA spira un vento di riscoperta, e molti documenti tenuti segreti finalmente vedono la luce, in Europa si assiste prevalentemente ad una levata di scudi, e ci sarebbe una lunga analisi da fare per capire perché il vecchio continente è in controtendenza, ma non è l’obiettivo di questo articolo.


“La vita extraterrestre non esiste e gli UFO saranno spiegati” dice molta stampa basandosi sulle dichiarazioni di autorevoli personaggi.
A chi conosce ed ama la fisica, e ne ha studiato anche la storia, tutto ciò fa solo sorridere, ma in ogni caso è meglio fare chiarezza.
I due fenomeni possono essere correlati, ma in linea di principio sono distinti, e trattabili singolarmente.


Qualsiasi serio ricercatore sa che non si può cambiare il metodo scientifico: è predefinito, e per la scienza è realtà solo ciò che è ammissibile nel suo ambito, il resto è fantascienza.
Da tempo, a causa della fisica quantistica e relativistica, si è abbandonato l’approccio deterministico per passare a quello statistico, unico modo possibile di ragionare e spiegare i fenomeni osservati nella realtà.


Un approccio deterministico alla struttura della materia, ad esempio, ci porterebbe a negare l’esistenza delle particelle, in pieno disaccordo con le evidenze sperimentali.
Allora, se il modo giusto di ragionare è quello statistico, anche per la vita extraterrestre si deve applicare questo metodo, altrimenti il rigore scientifico viene implicitamente perso.
Non disponiamo di dati precisi, ma sappiamo che nel nostro universo ci sono oltre mille miliardi di stelle, così come sappiamo quanto sia difficile osservare i pianeti, il cui numero è impredicibile, ma sicuramente ancora molto più elevato del precedente.


Per non parlare poi delle teorie, sempre più plausibili, sugli universi paralleli, che eleverebbero questi numeri in forma esponenziale.
Di fronte a cifre così elevate qualsiasi calcolo statistico circa l’esistenza di vita nell’universo, anche quello realizzato a partire da ipotesi molto restrittive, porta alla certezza di vita.
Anzi, i numeri sono così elevati rispetto ai parametri necessari all’esistenza umana, che non solo c’è certezza di vita, ma c’è certezza di esistenza di una vita a noi simile, per non dire identica.


Chi reagisce dicendo: “No, sino a che non osserveremo direttamente questa vita io non crederò” compie un legittimo atto di fede, ma abbandona il metodo scientifico.
D’altra parte esistono due evidenze sperimentali inconfutabili: la prima deriva dall’aver riportato in vita forme elementari, quali dei batteri, trovate all’interno di meteoriti cadute sulla terra.


Ciò dimostra, sperimentalmente, che almeno queste forme di vita esistono nell’universo.
Ma c’è stato un esperimento scientifico molto più importante che dimostra l’esistenza, in remote zone del cielo, di esseri viventi capaci di comprendere un nostro messaggio e di rispondere.


Negli anni ‘70 un gruppo misto di scienziati si è posto il problema di come lanciare un messaggio radio verso l’universo che potesse essere decifrato se captato da esseri basati sull’acqua e il carbonio, come siamo noi, e sviluppati tecnologicamente almeno quanto noi.
Alla fine si è elaborato un certo tipo di messaggio in modo che potesse essere universale, che non potesse dar adito ad ambiguità, la cui risposta dovesse essere univocamente certa a priori.


In termini di lettere la risposta doveva essere: “6EQUJ5”, sequenza che ai profani non dice nulla, ma che se intercettata sarebbe stata la prova inconfutabile non solo di vita extraterrestre, ma di una vita come la nostra.


Il 15 agosto 1977 alle ore 23.16 il radiotelescopio americano “Big Ear”, sul canale 2, in forma chiara e priva di rumori di fondo ha registrato la risposta che arrivava dal cielo: “6EQUJ5”.
A questo punto, invece che annunciare al mondo la lieta scoperta, tutti si sono messi a studiare se qualche fenomeno naturale o qualche interferenza avesse potuto generare un simile segnale, di fatto mettendo in discussione l’intero esperimento e rifiutandone l’evidente risultato.


Gli studi ormai sono stati abbandonati, visto che il gruppo misto aveva lavorato davvero bene e che l’unica spiegazione del fenomeno è quella prevista: qualcuno, lontano anni luce, ci ha risposto.


Il fatto però che esista vita simile alla nostra e tecnologicamente evoluta almeno quanto noi, non implica la necessità che questi esseri decidano di venirci a trovare.
Quindi il problema UFO resta aperto e deve essere analizzato in forma separata.
Per semplificare l’analisi divideremo gli UFO in tre categorie: chiameremo T-UFO gli oggetti volanti metallici che potrebbero essere di origine terrestre, U-UFO quelli metallici che non possono essere terrestri, B-UFO gli UFO non metallici.


Che le maggiori potenze conducano esperimenti di tipo militare, quindi coperti da segreto, per studiare nuove forme di locomozione è certo, così come è facile oggi pensare come si possa costruire un disco volante utilizzando le attuali tecnologie.
Quindi molti avvistamenti possono essere ricondotti alla tipologia T-UFO, dove l’oggetto rimane volutamente non identificato, proprio per coprire il segreto militare.


Tutti questi avvistamenti hanno in comune due cose: gli oggetti osservati sono metallici e le caratteristiche del loro moto sono conformi alle leggi fisiche e ai possibili “motori” di locomozione che possono essere ipotizzati.


Ci sono state però delle osservazioni di UFO metallici che si muovevano in modo non spiegabile; purtroppo le attuali tecnologie di ripresa, trattandosi sempre di filmati o video amatoriali, non danno un numero di fotogrammi al secondo abbastanza elevato da permettere analisi di dettaglio, ma il fenomeno è evidente, anche se non spiegabile.


In particolare ci si trova di fronte ad accelerazioni o cambiamenti di direzione che violano la cinetica, e quindi restano teoricamente due ipotesi possibili: o gli scienziati che lavorano per i militari sono così bravi e così avanzati da aver scoperto nuove forme di locomozione talmente innovative da non poter essere nemmeno immaginate dalla mente umana, o questi UFO non sono di origine terrestre.


Visto che la prima ipotesi è altamente inconsistente, la seconda sembra essere l’unica possibile, anche se a molti può dare un senso di disagio sapere che ci sono esseri tecnologicamente e scientificamente più avanzati di noi.


Questa è la categoria degli U-UFO, che include avvistamenti di oggetti molto grandi ma, a volte, anche molto piccoli, quest’ultimi che sembrerebbero telecomandati o teleprogrammati.
Ci sono però molteplici avvistamenti, come quelli di Hessdalen in Novergia, o di numerosi luoghi in Italia, o quelli videoripresi e documentati con rigore scientifico da Carlos Diaz in Messico, che sfuggono alle precedenti definizioni: sono gli B-UFO, dove B sta per “Biological”.
Non si parla più di oggetti metallici, ma di ammassi di luce, o di plasma o di cellule organiche.
È come se gli oggetti osservati non fossero oggetti ma esseri viventi, o strutture simili.


In questo caso si brancola totalmente nel buio, fatto molto buffo visto che si parla di oggetti sempre molto luminosi.
Un ricercatore non può legare le sue deduzioni a dati incerti, come la presenza di descrizioni di simili oggetti sia nella Bibbia che in molti testi sacri, ma deve restare legato alle osservazioni e alle misure documentate.


Se il caso Carlos Diaz è talmente studiato da essere ormai inconfutabile, oltre che inspiegabile, non altrettanto si può dire per il caso Hessdalen.
La campagna di misure lanciata recentemente ha dimostrato scientificamente l’esistenza del fenomeno, registrato con apparati professionali di tutti i tipi.
La mole di dati raccolti è enorme, e un primo risultato è già raggiunto: quello che la gente del luogo osserva non sono miraggi o allucinazioni collettive, ma fenomeni reali.


D’altra parte non esiste una spiegazione scientificamente valida e certa del fenomeno, e bisogna aspettare l’analisi dei dati, che non sarà certamente facile, per avanzare delle ipotesi.
Le dichiarazioni rilasciate “a caldo” dai ricercatori sono più frutto d’immaginazione e dell’emozione per la scoperta che altro, essendo inconsistenti e motivabili solo sul piano psicologico e non certo scientifico.


Da uomo capisco l’imbarazzo psicologico di chi ha lanciato una campagna di misure per dimostrare la non artificialità di un fenomeno, se non addirittura la sua non esistenza, e si trova ora di fronte a una mole di dati non immediatamente spiegabili, da scienziato non m’interesso delle reazioni umane ma guardo solo i fatti.


E i fatti sono che la fisica non può essere una opinione, né può essere piegata ai propri desideri: a Hessdalen il fenomeno è certo, ora è anche documentato, è attualmente inspiegabile e qualsiasi ipotesi non verificata sarebbe meglio restasse nelle teste dei ricercatori, sino alla sua conferma sperimentale, invece che venir divulgata come una ipotesi attendibile quando è opinabile.


Visto poi che l’intera operazione è realizzata dal CNR di Bologna, e cioè è finanziata con i soldi dei contribuenti italiani, spero che i dati delle misure vengano resi disponibili a tutti i ricercatori, per permettere molteplici elaborazioni parallele.


In ogni caso si deve parlare di UFO sino a che una diversa ipotesi non abbia trovato i dovuti riscontri sperimentali, e soprattutto non devono essere divulgate ipotesi che già a livello teorico sono confutabili facilmente, come quella di particolari fulmini globulari: ci vuole prudenza e pazienza, e l’umiltà di saper accettare anche un risultato diverso da quello che noi vorremmo. 

      Abbate Gian Piero