Secondo la fisica moderna tutto ciò che osserviamo appartiene ad un mondo quadridimensionale, cioè ad una realtà descrivibile con quattro assi: i tre assi dello spazio (x,y,z) e l’asse tempo.
Questi assi sono strettamente collegati e intercambiabili tra loro.
Da ciò nasce il dualismo tra le varie entità fisiche, il cui caso più semplice da spiegare è quello del comportamento degli elettroni, ovvero della luce.
Senza rifare l’ennesimo trattato di fisica teorica, i risultati sono che un elettrone può essere pensato indifferentemente sia come una particella in moto sia come un’onda elettromagnetica che si propaga nello spazio. Bisogna dire subito che quest’onda non corrisponde affatto ad un elettrone che si propaga con una traiettoria a forma d’onda, bensì corrisponde ad un campo d’energia a forma d’onda, dove gli elettroni stanno “fermi” nelle loro orbite.
Quindi le due osservazioni sembrano in contraddizione, ma non lo sono, ed in effetti non è che si tratta di due rappresentazioni simboliche imperfette, secondo le quali una volta è giusta l’una, la volta successiva l’altra: è che l’elettrone è sia materia, cioè particella in moto, sia energia che si propaga, cioè campo elettromagnetico.
Per altro la teoria della relatività afferma che materia ed energia sono solo forme diverse di un’unica realtà fisica.
Per capire meglio questi concetti proverò a fare un esempio.
Il mondo ha quattro dimensioni, ma noi possiamo misurarne puntualmente solo tre alla volta, visto i limiti della nostra natura.
Facciamo una prima osservazione del nostro elettrone; questa volta misuriamo la sua posizione, cioè le coordinate x, y e z, tenendo come variabile indipendente il tempo. Ripetiamo la misura in tempi diversi. Quest’insieme di osservazioni che risultato ci darà: una particella in moto che nei vari tempi “tn” si trova nei vari punti xn, yn e zn.
Dato il principio d’indeterminazione di Heisenberg, che ci vieta di misurare simultaneamente anche la quantità di moto ai vari tempi tn, cioè la velocità della particella, e altre considerazioni teoriche che tralasciamo, sarebbe più giusto parlare di una funzione di probabilità rispetto alla posizione, ma semplifichiamo il tutto, visto che è possibile rispetto a ciò che vogliamo dimostrare.
Riassumendo, se riferimenti sono x, y e z, e l’asse indipendente è t il risultato è una particella in moto. Adesso rifacciamo le stesse misure, ma cambiando i riferimenti, visto che non possiamo osservare la natura in tutte le quattro dimensioni simultaneamente.
I nuovi riferimenti sono x, y e t, mentre l’asse z diventa la variabile indipendente.
Nei vari punti zn osserviamo il nostro elettrone, che ora si presenterà come un’onda del piano x,y avente un’ampiezza che dipende da tn.
In questo caso la particella è “sparita”, mentre al suo posto è comparsa un’onda elettromagnetica, della quale osserviamo il passato, il presente e il futuro, sempre rispetto all’asse z.
In realtà era osservata sempre la stessa entità fisica, che è simultaneamente massa ed energia, particella e onda, corpo e spirito.
Bene, adesso pensiamo che quell’elettrone era un frammento della nostra persona, e generalizziamo il discorso a noi stessi.
Il modo “normale” con il quale osserviamo il mondo è quello del primo caso: gli assi sono quelli dello spazio, che i nostri occhi scrutano e le nostre mani toccano, mentre il tempo è una variabile indipendente.
In questa rappresentazione la vita umana appare come una serie di eventi seriali, dove la vita di un essere non dipende da quella degli altri, e dove per ogni persona c’è un dato evento d’inizio (il concepimento) e un dato evento di fine (la morte).
Ma se ora cambiamo il modo di osservare la realtà, come abbiamo fatto nell’esempio precedente, e il tempo non è più una variabile indipendente, ma è legato allo spazio, anzi a tutti i possibili piani x,y rispetto ad un asse dell’Universo z, ciò che osserviamo per ogni singolo individuo è un’onda, la sua onda di propagazione nel tempo.
La Sua “energia”, legata alla singola persona, frutto originale della creazione, Suo atto d’Amore iniziale, che si propaga nei secoli, in eterno.
Questa energia si propaga nello spazio, e se in momenti diversi facessimo la “trasformata inversa”, cioè passassimo all’altro modo di osservare la realtà, la troveremmo associata a corpi diversi.
In tutte le religioni, anche in quella cristiana, si distingue tra il corpo materiale, destinato a tornare polvere, e l’anima, che è immortale. Le testimonianze degli apostoli sul corpo del Risorto ci parlano di un corpo fisico, ma con proprietà particolari, che sembra proprio rispecchiare un comportamento duale identico a quello che la fisica oggi ci offre come interpretazione del mondo reale, che è ben diverso da quello che i nostri limitati e fuorvianti sensi percepiscono.
Nei suddetti due esperimenti immaginari è come se una volta avessimo osservato il nostro corpo fisico, la volta dopo la nostra anima.
Se questo è il creato, allora la reincarnazione diviene un elemento necessario alla spiegazione della realtà; certamente il termine acquista un valore ed un significato molto diverso da quello dato in passato, che portò la Chiesa a bandirne la veridicità.
Ma ciò che la Chiesa ha negato è una certa idea di reincarnazione, che andava a scontrarsi con la possibilità di salvezza delle anime e con l’unicità della persona umana.
Questa nuova visione della reincarnazione, che ho cercato di proporre derivandola dalle esperienze maturate nella fisica teorica, salva sia l’unicità della persona sia la salvezza dell’anima come processo di redenzione.
Anzi, entrambi i fattori vengono esaltati alla massima potenza.
La stessa vittoria del Cristo sulla morte ne esce esaltata, non essendo più riferita al solo corpo corruttibile, ma alla persona in toto, corpo anima e spirito, e non solo oggi, ma ieri oggi e domani.
Viene così abbandonata un’arcaica visione della reincarnazione come “passaggio” dell’anima da un corpo all’altro, quasi come se i corpi fossero vagoni di treni diversi e la morte e la nascita stazioni dove cambiare treno, per passare a un concetto di vita legato all’eternità.
In questo senso anche il termine “morte” cambia di significato, e diviene “l’assenza di vita”.
Così come nella fisica le particelle possono “annichilire”, cioè scomparire totalmente, salvo magari ricomparire in tempi successivi senza alcuna possibilità di predizione, anche l’uomo è stato creato per la vita, e quindi messo originariamente in grado di vivere.
Progettato per l’eternità, gli è stata però data la possibilità di scegliere tra il bene e il male, cioè tra la vita e la morte, quindi ora la terra è popolata da vivi e da morti, e l’ideale per ogni cristiano deve essere quello di far di tutto per riportare in vita coloro che sono morti.
Ciò rimanda all’ultimo giorno, nel quale Cristo tornerà a giudicare i vivi e i morti, ma questo argomento verrà trattato in un prossimo contributo.
Abbate Gian Piero