Dall’astrofisica alla spiritualità

L’evoluzione della scienza non ha portato, né porterà mai, alla spiegazione di tutti i misteri legati alla Fede, alle rivelazioni, alla tradizione esoterica in genere. D’altra parte, mentre la Chiesa cattolica romana, per voce del Papa, chiede scusa per il suo atteggiamento negativo e per le opere contro Galileo Galilei, la scienza ufficiale ha ormai superato quella visione per spingersi verso nuovi orizzonti le cui implicazioni filosofiche sono notevoli.

Questo contributo, certamente incompleto, vuole fare un punto molto sintetico su alcune conoscenze scientifiche, per evitare, almeno in parte, che siano riproposti come dogmi di Fede argomenti che la scienza ormai è perfettamente in grado di spiegare, o che vengano negate per dogma evidenze ormai confermate a livello scientifico, ripetendo così gli errori del passato. Nella prima parte di questo secolo che sta per concludersi la fisica ha completamente rivoluzionato le linee del suo pensiero.


Particolare influsso in questo cambiamento hanno avuto sia la fisica delle particelle, sia l’astrofisica. A prima vista, secondo l’ottica dello scienziato, ci si trova di fronte ad un caso singolare: il minuscolo, l’impalpabile, il quasi nulla si comporta come l’enorme, lo sconfinato, il quasi infinito. Per un mistico, invece, questa coincidenza è la normalità, da sempre, come meglio vedremo nel seguito. Il cambiamento radicale della fisica è dovuto a due importanti teorie, ormai verificate in più occasioni, che sono la celebre “teoria della relatività” di Einstein, di cui tutti hanno sentito parlare, ma che pochi conoscono e meno ancora hanno letto in chiave filosofica, e la “teoria dei quanti”, frutto del lavoro di molti fisici, primo fra tutti Max Plank, della quale non si parla mai in termini divulgativi, forse per la sua complessità intrinseca.

Non posso, in questa sede, entrare nel merito delle due teorie, in forma rigorosa, ma chiedo perdono ai miei colleghi fisici, e cercherò con rapidi cenni di permettere a tutti uno sguardo su questo meraviglioso mondo, seppure restando sul ciglio della porta. La fisica classica, nella sua evoluzione da Democrito a Galilei, a Newton, aveva trovato un insieme coerente di leggi che erano in grado di spiegare tutti i fenomeni osservabili con i nostri sensi.

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Soprattutto Newton aveva dato una descrizione precisa della forza che interagiva tra due masse, spiegando così anche la forza di gravità che ci trattiene a terra, il tutto in una visione tridimensionale del creato, dove i tre assi erano quelli dello spazio, mentre il tempo scorreva in modo indipendente, sempre eguale, e sempre in avanti.

Tutta la materia e le sue leggi erano state create da Dio, secondo questa visione, e da allora continuavano a funzionare incessantemente, essendo queste leggi immutabili. Questa concezione, ancora molto diffusa tra la gente, ma rivelatasi completamente errata, portò in seguito alla teoria del “Dio morto”: se tutto l’universo continua a procedere per conto suo, secondo leggi immutabili, a che serve un Dio ancora in vita?

A questa visione si contrappose quella del “Dio sonnecchiante”, che ogni tanto si risvegliava per dare un colpetto “di energia” all’universo, affinché non si annichilisse. Lo sviluppo delle tecnologie, con la possibilità di misurare particelle più piccole o di osservare galassie lontane, misero in crisi questi convincimenti. Le particelle, così come le galassie, si comportavano in modo diverso, non spiegabile attraverso il modello della fisica classica.

Nel 1905 Albert Einstein pubblicò due articoli rivoluzionari: il primo metteva le basi per la teoria della relatività, che sviluppò in seguito, il secondo per la nuova fisica atomica, che portò vent’anni dopo alla teoria dei quanti. Nella “relatività” lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è un’entità separata, ma queste quantità sono un tutto unico quadridimensionale, detto “spazio-tempo”. Di conseguenza anche il tempo è relativo, e con esso le velocità e tutte le grandezze fisiche.Eventi simultanei per un osservatore possono essere distinti e separati per un altro. Nel tempo si può andare avanti, ma anche indietro, così come nello spazio.

Einstein usava un noto “paradosso” con i suoi allievi per spiegare la relatività del tempo. Se due gemelli nascono sulla terra, ed uno viene immediatamente inviato a ruotare attorno alla terrà a velocità più alta di quello che resta al suolo, e se dopo venti anni di vita di quello rimasto al suolo il suo gemello viene fatto rientrare, allora il baldo giovane ventenne, quando si aprirà la capsula, vedrà scendere un bambino, ad esempio di dieci anni, nonostante sia suo gemello. Questa è la conseguenza di aver vissuto la stessa quantità di tempo, ma a due velocità diverse. Il fenomeno, che non è un paradosso, è stato ormai verificato come vero grazie alle spedizioni spaziali, attraverso l’osservazione della durata della vita d’insetti e microrganismi.

Conseguenza di tutto ciò, in termini concettuali, è che la massa dei corpi non è altro che una forma di energia, secondo la nota eguaglianza E = mc2. Tutto è energia, nell’universo. Dopo dieci anni di lavoro, Einstein propose una nuova formulazione che spiegava anche la gravità ed altri fenomeni dell’astrofisica, introducendo il concetto di curvatura dello spazio-tempo. La forza di gravità ha l’effetto di curvare lo spazio-tempo, quindi la geometria euclidea, quella che noi tutti abbiamo studiato a scuola, è solo una grossolana approssimazione della geometria sferica, che è quella da utilizzare. Più un corpo è dotato di massa, più lo spazio-tempo che lo circonda viene piegato, sino ad arrivare al caso dei buchi neri, che sono punti ad altissima densità, dove il campo diviene quasi sferico, perciò tutto viene attratto e nulla può scappare quando viene catturato, neanche la luce: ecco perché si dicono buchi “neri”.

Ulteriore conseguenza di quanto detto è che lo spazio vuoto non esiste, come le recenti osservazioni degli spazi interstellari hanno confermato, così come non esiste il “mattone elementare” della materia, quello che i greci avevano chiamato “atomo”, perché indivisibile: tutto è divisibile, e non esiste “la particella elementare”, madre del cosmo.

Anzi, il concetto stesso di “corpo solido” deve essere ridefinito, visto che tutto è energia. Da queste considerazioni alla fisica quantistica il salto è breve. Max Plank scoprì che l’energia della radiazione termica non era emessa con continuità, ma si presentava a gradini, a pacchetti: Plank chiamò questi pacchetti “quanti di energia”. In seguito capì che ogni energia si comporta in questo modo, compreso la luce, il cui quanto fu battezzato “fotone”.

Il fotone però si comporta esattamente come una particella, il che sembrava una contraddizione: ora sappiamo che non ha senso affermare che la luce è energia o è materia, perché questi due termini identificano solo due apparenze della stessa realtà. Voi, che viaggiate alla mia stessa velocità, mi vedete nel mio aspetto materiale, con tanto di barba e baffi, ma un osservatore esterno alla terra, dotato di un potente mezzo di misura, ci potrebbe “vedere” come un insieme di lunghezze d’onda, cioè come fasci di luce, cioè come campi di energia. Questo significa che le rappresentazioni particellare e ondulatoria sono complementari, ma entrambe non esaustive.

Inoltre la materia non si trova con certezza in luoghi precisi. Anzi esiste un principio, definito da Heisenberg e detto “d’indeterminazione”, che vieta la possibilità di conoscere istantaneamente posizione e quantità di moto di una particella. Quindi tutte le leggi sono funzione della probabilità, e oggi, ad esempio, si parla di “onde di probabilità” per indicare gli elettroni che ruotano attorno al nucleo. A questo punto potrebbe nascere la domanda: “Ma se il nostro corpo è energia, perché non possiamo passare attraverso i muri?” La risposta viene sempre dalla meccanica quantistica, che ci fa capire come una particella innalzi la sua velocità tanto più si cerchi di confinarla in uno spazio ristretto. Gli elettroni interni di un atomo arrivano a velocità di 900 Km/s, proprio perché confinati.

Avviene così l’effetto elica: tanto più ruota velocemente, tanto più appare solida e impossibile da penetrare senza urti. Ecco perché, con questo corpo, non possiamo penetrare i muri, ma Gesù lo può fare da risorto, utilizzando il suo corpo astrale. Sono quasi al termine di questa prima parte, necessaria per comprendere l’origine delle affermazioni che farò nel seguito, ma non posso trascurare un ulteriore area di ricerca, tuttora attiva, che nasce dai lavori di Geoffrey Chew e dell’italiano Tullio Regge, e che riguarda la matrice di simmetria “S”.

Sarebbe troppo lungo e complicato spiegare la teoria della matrice S e degli adroni, termine strano che identifica alcune famiglie di particelle, ma basterà citare un principio legato a queste teorie, che viene detto di “causalità”. Esso afferma che l’energia e la quantità di moto sono trasferite nello spazio solo mediante particelle, e che questo trasferimento implica che una particella può essere creata in una reazione e distrutta in un’altra solo se la seconda reazione avviene dopo la prima.

Ma essendo il tempo relativo, portando quest’affermazione alle sue estreme conseguenze, ne deriva che l’osservatore non può essere separato dal fenomeno osservato, cioè, in altre parole, tutti i fenomeni che osserviamo in natura non sono altro che creazioni della nostra mente, che, come uno strumento, misura e classifica. Ciò non significa che la realtà non esiste, ma che la realtà è “altro” rispetto a ciò che vediamo e misuriamo.

Questo è uno dei canoni fondamentali che accomuna tutte le filosofie orientali. Ho anticipato una delle considerazioni future, ma prima di passare alla seconda parte vorrei soffermarmi ancora su alcune nozioni interessanti che ci vengono direttamente dall’astrofisica.

I fisici si sono recentemente posti un singolare interrogativo: come mai le costanti “universali” che sono state scoperte, che sono così poche, sono o molto piccole o molto grandi, in valore? Perché la velocità della luce è cosi grande (c=~ 300 milioni di m/s) mentre la costante di Plank è così piccola (h=~ 660 miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di J*s)?

Cosa succederebbe se i parametri del modello standard avessero valori diversi da questi? In estrema sintesi la risposta è che in ogni altro insieme di numeri tra quelli che ammettono l’esistenza di un universo, si produrrebbe un numero inferiore di stelle, e di conseguenza questi nuovi parametri porterebbero ad una morte futura dell’universo stesso.

Quindi l’universo è regolato dai valori a noi noti, e non altri, perché è ottimizzato “per il massimo della vita” rispetto ad una condizione di evoluzione a tempo indeterminato: l’universo, e il suo contenuto, è progettato per il massimo di vita, cioè il massimo di luce, e per l’eternità.

Per inciso va detto che il modello attuale di universo vede una struttura di universi di universi, nel senso che ogni buco nero è la via di accesso ad un nuovo universo, che a sua volta contiene altri buchi neri. Quindi ogni universo è simultaneamente finito ed infinito, concetto certamente non intuitivo, anche se l’esempio di un cerchio può aiutare. Da tutto ciò derivano due ulteriori considerazioni importanti per questa trattazione.

La prima è che gli unici modelli capaci di spiegare il comportamento delle nebulose e dei fenomeni osservati sono quelli basati sul paradigma di trattare l’universo come un essere vivente. Ciò non autorizza gli scienziati a affermare che l’universo è un essere vivente, ma rimane il dato di fatto: solo modelli di questo tipo effettivamente funzionano. La seconda considerazione è che certamente esiste vita nell’universo, in altri pianeti. In un universo di universi la probabilità che non solo esista della vita intelligente, ma che esistano esseri viventi molto simili a noi è, sulla base dei calcoli, una certezza.

Per quanto questo istintivamente ripugni ancor oggi a molte persone, incluso certi ricercatori, la correttezza scientifica vuole le sue leggi: in mancanza di prove certe deve essere adottata l’ipotesi più probabile, sino a prova contraria. Quindi la vita certamente esiste, e se si troverà che non esiste, questa sarà la prova più clamorosa di un intervento diretto di un Essere Superiore, perché un universo dove la vita umana esiste solo sulla Terra è un universo non plausibile matematicamente parlando.

Sulla scorta di quanto detto, possiamo ora vedere le conseguenze sui piani spirituali, e lo faremo punto per punto. Il piccolissimo e l’enorme s’incontrano perché esiste un’unità indissolubile di tutte le cose. Nulla nell’universo è isolato o isolabile, neanche il pensiero umano. Il vero scopo della telepatia, che assume dignità di scienza, è lo studiare l’influsso del tutto sul pensiero del singolo, e viceversa, come molte scuole filosofiche recentemente hanno compreso.

La teoria unificata, che a partire da Einstein tutti i fisici hanno sognato di trovare, ancora non ci è nota, ma sappiamo per certo che quest’unità delle cose esiste ed è assoluta. Questa unità delle cose ha molte altre conseguenze: ad esempio, che l’evoluzione umana non dipende solo dalle nostre scelte e dalle condizioni della Terra, ma anche dall’intero universo. Altra conseguenza è che in tutto il creato è costantemente presente l’opera creatrice del Creatore.

Inoltre il piccolo contiene l’infinito e viceversa, come c’insegnano le filosofie orientali. Infine, la verità non può essere posseduta da nessuno, perché si trova dispersa nel tutto, e solo chi abbraccia il tutto, e la sua armonia, può avvicinarsi ad essa, pur senza mai possederla completamente. Viviamo in una realtà almeno quadridimensionale, detto “spazio-tempo”, dove tutto è relativo.

Chi ha esperienza di meditazione, sa che la percezione spaziale viene completamente alterata, e la successione temporale si trasforma in una simultanea coesistenza, che però non è vissuta in modo statico, bensì in modo dinamico, in una dimensione dove spazio e tempo risultano felicemente integrati. Questo è anche un modo per comprendere meglio l’A.T. e il N.T. quando dicono che il Signore è “il Dio dei viventi”, splendida sintesi verbale dove l’intera storia umana si racchiude in un punto del nostro sistema quadridimensionale. Ecco perché i viventi lo sono da sempre e per sempre, come ci testimonia il Vangelo.

Se gli eventi simultanei per un osservatore possono essere distinti e separati per un altro, allora anche la storia, così come l’abbiamo studiata, deve essere relativizzata. Questa sequenza temporale è valida per i nostri corpi, ma non per le nostre anime, che di conseguenza esistono da sempre e per sempre, e che non sono legate alla nostra percezione corporea, quindi errata, del tempo.

Ciò spiega molti dei fenomeni che normalmente chiamiamo paranormali, mentre sono normalissimi, incluso la possibilità in sogno, o in stato di trance o di estasi o di attività extracorporea, di andare in epoche passate o future. Ho detto andare, perché nel tempo si può andare avanti, anche indietro, ma non ha senso dire ritornare. In questo senso tutti i messaggi delle profezie, quando fanno riferimento ad epoche storiche, devono essere anch’essi relativizzati, associandoli a periodi temporali piuttosto che a date certe.

L’ intero concetto dell’eternità deve essere rivisto in questa luce, che ci presenta l’eternità come un sistema perennemente lontano dall’equilibrio, ma sempre alla sua ricerca, piuttosto che un’evoluzione che scorre all’infinito; l’eternità è quindi “il sempre presente dinamico”.

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D’altra parte le teorie sull’entropia ci confermano che solo un sistema lontano dall’equilibrio termodinamico può contenere la vita, in qualunque forma questa si presenti. La relatività del tempo ha anche a che fare con i talenti, o con il karma, perché quella parabola riguarda la vita dell’anima, e non la vita del corpo materiale, anche se quest’ultima considerazione verrà rivista tra poco. In ogni caso la nostra esperienza, eredità della nostra esistenza, deve essere pensata come un processo di accumulo che trova le sue origini nella creazione, non nella nostra ultima nascita.

A questo punto diventa inevitabile parlare della reincarnazione, perché questa diviene una condizione obbligata, necessaria a spiegare l’esistenza umana. Certamente bisognerebbe cambiare il termine, perché la reincarnazione come passaggio da un corpo ad un altro in vite diverse, quasi come se l’anima smontasse al capolinea di un tram per risalire poi alla successiva corsa, non sta in piedi. Il termine quindi è errato in sé, perché si dovrebbe semplicemente parlare d’incarnazione dell’anima, intendo con ciò un processo che abbraccia l’intera eternità.

Tra l’altro la corrispondenza tra massa ed energia ed il dualismo sulle percezioni ci obbliga a rivedere anche il concetto di morte e di corpo materiale. Il nostro corpo esiste rispetto a noi stessi e a chi ci circonda sulla Terra, ma come già detto può essere percepito in modo diverso da chi ci osservasse da altri punti dell’universo. Ma la relatività del tempo introduce un nuovo pensiero, che cercherò di sintetizzare: il nostro corpo è un’onda di energia materializzata che si propaga nel tempo.

Quindi il corpo esiste da sempre e per sempre, e ciò che noi osserviamo sono solo dei passaggi di stato, esattamente come dell’acqua può diventare vapore, per poi tornare allo stato liquido. In questa visione, l’anima si è incarnata una volta per tutte, e per sempre, e le singole vite non sono altro che esperienze puntuali, che fanno tutte parte di un’unica evoluzione, di una sola incarnazione. Così le osservazioni di San Tommaso vengono rispettate, visto che la chiesa cattolica non ammette la reincarnazione solo perché legata al passaggio dell’anima da un corpo ad un altro: un errore d’ignoranza legato all’incapacità di concepire la propagazione dei corpi nel tempo.

Inoltre diventa facile spiegare il ricorrersi di fenomeni che sinora sembravano inspiegabili, come le note caratteristiche corporee, presenti sin dalla nascita, che ogni Dalai-Lama deve possedere, e che sembrano propagarsi nel tempo in forma ereditaria nonostante non ci sia parentela tra i diversi bambini che nella storia le hanno evidenziate.

Arrivando alla complementarità delle rappresentazioni particellare e ondulatoria, questa corrisponde perfettamente agli archetipi opposti yin e yang del T’ai Chi cinese, base della filosofia taoista, o ai principi di Eraclito di Efeso. Questa osservazione avvalora quanto ci rivela l’Apocalisse, quando afferma che la lotta tra il bene e il male durerà sino alla fine dei tempi, e la morte, opposto della vita, sarà l’ultima ad essere vinta. L’equilibrio è quindi instabile e dinamico, sempre in evoluzione, perché un sistema in equilibrio stabile non potrebbe ospitare la vita.

Se nell’universo tutto è energia, e la materia non è altro che la rappresentazione visibile di un’energia invisibile, allora anche noi possiamo pensarci come risultato della forza di un pensiero creatore; non solo, in ciascuno di noi deve essere nascosta la stessa forza, che ci deve permettere di poter fare qualsiasi cosa, se abbiamo sufficiente fede. Materializzare degli oggetti diviene quindi una condizione naturale per chi abbia un’anima pura, ma i nostri limiti sono ben più ampi, come c’insegna Gesù nell’esempio del chicco di senape.

La realtà dei buchi neri e la conseguente deformazione dello spazio-tempo sono perfettamente in linea con la visione di Paolo della carne e dei suoi nefasti influssi sullo spirito: quando la materia prende il sopravvento persino la luce resta intrappolata. A conferma che lo spazio vuoto non esiste anche nel mondo dello spirito, il sutra dice: “la forma è vuoto, e il vuoto in realtà è forma”. La Terra non galleggia nel vuoto, come molti credono, ma in un fluido le cui caratteristiche chimico-fisiche ci sono ancora poco note, mentre questo fluido è stato da sempre ipotizzato in tutte le scuole di pensiero esoterico.

Questo ed altri fluidi simili riempiono l’intero universo, negli spazzi intergalattici ed interstellari. Niels Bohr ha scritto: “Le particelle materiali isolate sono astrazioni, poiché le loro proprietà sono definibili ed osservabili solo mediante la loro interazione con altri sistemi”, in perfetta coerenza con quanto afferma il Buddismo quando dice: “Le cose derivano il loro essere e la loro natura dalla mutua dipendenza e non sono nulla di per se stesse”. Ciò assicura l’impossibilità di trovare il “mattoncino elementare”, come detto, ma anche impone una visione unitaria del tutto, in un universo di relazioni, più che di cose ed eventi.

In questo sistema anche il pensiero umano partecipa in forma attiva, non solo perché il pensiero può materializzarsi, ma soprattutto perché il pensiero esiste in sé e può influire su ogni evento. In questo senso la condizione di peccato non legata solo all’aver compiuto l’atto, ma legata al semplice pensiero o desiderio di farlo, così come Gesù ce la propone nei Vangeli, è una condizione reale, anche se non immediatamente visibile, perché influisce direttamente sullo sviluppo degli eventi.

Anche sul principio d’indeterminazione di Heisenberg ci sarebbe molto da dire, ma mi limiterò ad una sola riflessione: noi, così come ogni cosa esistente, siamo infiniti. Con ciò intendo dire che i confini del nostro corpo non sono precisi, ma il tutto deve essere ricondotto ad una logica di probabilità. Quindi, se da una parte il nostro corpo non può attraversare un muro, per contro “parti” del nostro corpo, o meglio particelle, possono farlo; se poi si passa a livello dell’anima, ovvero del corpo astrale, questi limiti in buona parte decadono; se si arriva allo Spirito, allora cadono tutti.

Lo Spirito spira dove vuole, e nessuno può stabilire dov’è. D’altra parte esiste una legge di causa-effetto, che è di carattere generale, nel senso che non riguarda solo gli uomini, ma ogni fenomeno fisico.

Questa legge è riconfermata anche nella fisica relativistica e quantistica, nonostante il nuovo concetto di tempo, e questo è stupefacente. Il fatto che energia e quantità di moto si propaghino solo attraverso il moto di particelle, o di fronti d’onda, che dir si voglia, spiega completamente tutta la teoria dei “chakra” e del loro funzionamento, dando così finalmente dignità scientifica anche a questa importante parte della conoscenza umana, che ora andrebbe totalmente riscritta in questa chiave.

Per tutte le filosofie orientali la realtà è “altro”, esattamente come per la fisica moderna: ciò non nega l’esistenza della realtà, ma pone limiti ben precisi alla nostra percezione. Solo chi è realmente cosciente di tali limiti può prendere sul serio il vero contenuto del discorso della montagna di Gesù, che altrimenti risulterebbe inattuabile pura utopia, così come tutti i passi dell’A.T. e del N.T. e dei testi sacri delle altre religioni, là dove viene affermata la nostra “immagine e somiglianza” a Dio, ovvero che “Dio è in noi”.

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Circa il valore delle costanti universali, è stupefacente il risultato scientifico: un universo progettato per la luce, la vita, l’eternità, e con esso un uomo creato per gli stessi obiettivi, è quanto di meglio avremmo potuto immaginare per esporre una sintesi di tutte le religioni che sono diffuse sulla terra. Rispetto all’universo simultaneamente finito ed infinito, questo flusso incessante di energia ciclica ci rimanda all’immagine della danza di Siva, che meglio di ogni altra rappresenta l’attività creatrice incessante di Dio, ovvero la danza che anima l’intero universo, dalle nebulose sino alle più piccole particelle a noi conosciute.

In parallelo il rimando ai sette cieli è altrettanto importante, perché utilizzando i modelli della fisica meglio si può comprendere come questi cieli si compenetrino, pur essendo gerarchicamente ordinati, e pur essendo ciascuno di essi infinito.

In molte religioni e nella tradizione esoterica l’universo, così come le sue componenti, sono elementi dotati di vita: la scienza non conferma, ma neppure smentisce. Anzi, è sicuramente più vicina a confermare questa visione che a smentirla.

In ogni caso l’esistenza della vita su altri pianeti ed in altre galassie è ormai una certezza, almeno a livello matematico, così come la possibilità per esseri dotati di corpi materiali di giungere sino a noi anche da distanze enormi è ormai una possibilità che ha preso corpo, con la teoria della relatività.

Anche in questo caso, la scienza non è in grado di confermare, ma può ipotizzare situazioni che rendono plausibile ciò che prima sembrava impossibile. Desidero concludere l’intervento con due citazioni che hanno ispirato questo lavoro, senza commentarle perché credo siano già esplicite, se rapportate alle cose dette. Giordano Bruno disse: ” …..io sorgo impavido a solcare con l’ali l’immensità dello spazio, senza che il pregiudizio mi faccia arrestare contro le sfere celesti, la cui esistenza fu erroneamente dedotta da un falso principio, affinché fossimo come rinchiusi in un fittizio carcere ed il tutto fosse costretto entro adamantine muraglie. Ma per me migliore è la Mente che ha disperso ovunque quelle nubi”.

Albert Einstein completò dicendo: “La Scienza senza la Religione è zoppa, ma la Religione senza la Scienza è cieca”.

Abbate Gian Piero