La morte è vinta

Abbiamo appena passato delle festività pasquali molto particolari, perché quest’anno 2017 ha segnato la coincidenza di data tra la Pasqua ebraica e quella cattolica e quella ortodossa! Ma in questi giorni ho sentito dire molte imprecisioni, e talvolta anche falsità. Voglio quindi chiarire alcuni aspetti importanti della Pasqua che abbracciano tutte e tre le tradizioni.


Per prima cosa, Gesù è morto crocifisso, ma Cristo non è mai morto in croce. Cristo è il “Figlio”, la terza “persona” della Trinità, e non si può incarnare. Abbiamo creato noi questo nome per identificare una manifestazione particolare del divino, e cioè la sua manifestazione “maschile”. Questo all’interno di una visione trinitaria che ha radici antichissime, legate anche alla Cabala. Cristo ha operato in Gesù in un modo particolare, perché Gesù lo ha permesso, ma opera anche all’interno di ciascuno di noi. E non solo Lui. Opera in noi anche la manifestazione femminile del divino, della quale pochi parlano, perché da una parte fa paura, essendo legata all’occulto, e dall’altra è scomoda per una società tipicamente maschilista come quella occidentale.

Gesù come uomo non esiste più. Questa affermazione deve essere compresa nella sua totalità. Un nome identifica una persona, che è composta, semplificando, da corpo, anima e spirito. Anima e spirito di Gesù, come vedremo, non sono stati coinvolti nella resurrezione, ma il suo corpo ha cambiato lo stato dell’aggregazione. Il Risorto mangia e beve, ma contemporaneamente, ad esempio, passa attraverso i muri, o cambia il suo aspetto fisico. Però tutto questo non ha interrotto la sua esistenza in questo mondo. Ciò che crea la discontinuità è la sua ascesa, con il corpo, in cielo. L’uomo Gesù ha raggiunto uno stato di compenetrazione con il divino che qui si opera una nuova trasformazione, che interrompe per sempre il ciclo delle nascite e delle morti. Gesù diviene una nuova entità, che San Paolo ha chiamato Gesù-Cristo, proprio per sottolineare che ci sono due componenti distinte che hanno formato una nuova realtà. La stessa cosa possiamo dire per sua madre, che una volta ascesa è diventata quella che chiamiamo “la Madonna”.

Gesù Cristo è il Messia, quello che non è mai stato sulla Terra, ma verrà, come un re, nella Gloria, a condurre l’umanità. Su questo punto gli ebrei hanno ragione: Gesù non è stato il Messia, altrimenti tutto il mondo sarebbe già cambiato, ma è Gesù-Cristo il Messia, che ancora deve arrivare. L’uomo Gesù aveva intuito tutto questo, ma non poteva avere una chiara visione di cosa sarebbe accaduto. Però le sue parole sono chiare e categoriche: “In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada.” Da notare l’espressione “questa generazione”, che indusse in inganno persino gli apostoli, che la interpretarono come legata a coloro che erano in vita in quel momento. Questo creò, storicamente, molte aspettative che andarono deluse. Invece questa affermazione è una delle più chiare prove che Gesù credeva alla reincarnazione. Per lui il concetto di “generazione” non era legato alle nascite e morti, ma al cambio di aggregazione dei corpi. Lui predice che nella nostra evoluzione non ci estingueremo, ma anzi questa generazione, la sua, che poi è anche quella attuale, nell’evoluzione arriverà a raggiungere la possibilità di cambiare il suo stato, cioè di risorgere, sorgere a nuova Vita. Però senza dover passare attraverso le stesse sue esperienze, proprio perché, come ha detto, ora possiamo fare cose molto più grandi, avendo Lui datoci questa possibilità.

Gesù inizia la sua opera nella convinzione di salvare l’intera umanità. Quello che dice, sia in pubblico che agli apostoli, e quello che compie ci dimostrano chiaramente questa convinzione della sua mente. Purtroppo però l’equilibrio tra Giustizia e Amore non può permettere una simile soluzione. Lo scoprirà, amaramente, nell’orto del Getzemani. In lui troviamo due aspetti che si bilanciano. C’è il maschile della sua forza d’animo, dell’uomo che scaglia i banchi contro i venditori del Tempio, che compie i miracoli grazie alla sua fiducia incrollabile nel Padre e in se stesso, e poi c’è il femminile che emerge nella sua trasgressività, nell’Amore che mette in tutte le opere e le parole, proprio quell’Amore che vorrebbe salvare l’intera umanità.

La vita di Gesù ci narra una ricerca del come vincere la morte. Questo è un aspetto che è stato poco indagato. Lui ha capito qual è il problema dell’umanità rispetto alla sua evoluzione spirituale. Che l’anima e lo spirito siano immortali è chiaro a Lui come a noi, quindi ha capito che bisogna operare sul corpo, per renderlo immortale, riallineandolo al Progetto divino. Non sa come fare, quindi la sua è una continua crescita, a livello mentale, e una sfida alle sue incredibili capacità. I Vangeli sono un crescendo di miracoli, sempre più difficili da compiere, per giungere a una meta. Questa è la sua resurrezione, ma la meta non è raggiungibile se prima non si è trovato come dare la Vita a una materia ormai inerte. Trovata questa chiave, tutto sarà possibile. Gesù è un apripista, non ha precedenti su cui basarsi, si è consultato, trasfigurato, con Elia e Mosè, ma questo non basta a convincere la sua mente. Deve fare esperienza. E la fa, volutamente, con il suo migliore amico, Lazzaro. Per questo, nonostante sia stato prontamente chiamato, si presenta solo quattro giorni dopo, quando l’anima e lo spirito hanno già abbandonato il corpo, e dell’amico non resta più neanche un vero corpo, ma solo un ammasso di cellule in putrefazione.

Gesù vince la morte quando dona la Vita a quello che è rimasto di Lazzaro. Questo è l’unico punto dove Gesù si mette a piangere dalla commozione. Ha superato se stesso, ha realizzato una impresa che ancora oggi viene, dalla maggior parte delle persone, considerata una follia. Quello che ha compiuto è ciò che il Elhoim aveva fatto con Adam: da un ammasso inanimato di polvere ed acqua ricavare un essere vivente, alitandogli sopra, cioè donandogli lo Spirito divino di Vita. Lazzaro non viene riportato in vita, è nuova la Vita che gli viene data, con un corpo totalmente rigenerato. Con questo atto, in quel momento, la morte del corpo è vinta per sempre. Se da una parte il Credo parla della resurrezione dei corpi, dall’altra ancora oggi parlare di poter raggiungere l’immortalità del corpo risulta incredibile, impossibile, folle. Chi, come me, ne parla, spesso è oggetto di derisione. Ma coloro che ci prendono in giro credo non abbiano chiaro che stanno deridendo anche Gesù e il suo operato, che ci ha aperto proprio questa possibilità in modo concreto.

Da quel momento in poi è un susseguirsi di eventi in poche ore. Gesù ha fretta. Vuole chiudere la partita con se stesso nel più breve tempo possibile. Non vuole perdere la concentrazione raggiunta. Vuole finalizzare la sua missione. Ha sempre in testa la salvezza dell’umanità. Ha già predetto ai suoi che dovrà morire, ma che dopo tre giorni sarà risorto. Ma nessuno lo ha fatto prima, quindi neppure lui sa bene come avverrà questo passaggio. Come sempre si fida, di se stesso, del Padre, del Cristo che opera in lui. Ormai tutte le barriere della mente sono cadute, nulla lo può più spaventare, né lo può fermare nel compiere la sua impresa. Gli apostoli e i discepoli non hanno questa consapevolezza. La loro testa non ha creduto alle sue parole. Tutti, tranne Giovanni.

Un caso a parte sono sua madre e la Maddalena. Sua madre, Myriam, che noi erroneamente chiamiamo Maria, è la sua anima gemella. Con lui ha vissuto tutte le esperienze, non da fuori, ma da dentro, ha condiviso felicità e timori, ha fatto tutti i passaggi, e con lui farà anche l’esperienza della resurrezione. Per questo anche lei ascenderà in Cielo con il corpo fisico, diventando una nuova entità e interrompendo per sempre il ciclo delle nascite e delle morti. Invece la Maddalena è la sua fiamma gemella, ha raggiunto il suo stesso stato di vibrazione, si direbbe oggi. Anche lei non sa bene a cosa il suo sposo vada incontro, ma è certa che ce la farà, che lo seguirà, che sarà a sua disposizione per ogni evenienza. E in effetti sarà importante il suo operato dopo la deposizione, anche se quel comportamento verrà giudicato come quello di una donna in preda alla follia.

Gesù celebra la Pasqua prima dell’inizio del periodo pasquale secondo il Tempio. Questo è un particolare importante. Sappiamo dai Vangeli che i sacerdoti volevano accelerare i tempi per catturarlo prima che iniziasse il periodo pasquale, temendo dei disordini di piazza. Però quella che chiamiamo l’ultima cena, che viene celebrata la sera dello stesso giorno nel quale era stata data la vita a Lazzaro, è proprio una celebrazione pasquale secondo il rito che tuttora è in uso tra gli ebrei. Quello che solo pochi decenni fa abbiamo scoperto è che gli esseni, fedeli a una tradizione antica, celebravano la Pasqua in anticipo rispetto ai Farisei, quindi Gesù celebra la Pasqua nel periodo esseno. Questo, tra tanti, è un ulteriore indizio del suo legame con quel gruppo di dissidenti, che si erano ritirati nel deserto. Circa il rito, mi piace far notare due cose.

La prima è la distanza temporale tra la condivisione del pane e quella del vino. Ancora oggi, nel rito ebraico, è così. All’inizio si benedice pane e vino, ma il calice viene messo da parte, e si condivide solo il pane. Solo terminata la cena, si riprende il calice del vino benedetto, e tutti ne bevono un pò. La seconda osservazione è che le parole che Gesù dice non sono quelle rituali ebraiche. Le farsi riportate dai Vangeli sono chiaramente frutto di quella che oggi si chiamerebbe una canalizzazione. Attraverso lui è il Cristo che parla, e a Lui vanno riferite le frasi: il corpo e il sangue sono quelli mistici. Quel “fate questo in memoria di me” è riferito simultaneamente a Gesù e a Cristo, nella prospettiva della loro unione come Gesù-Cristo.

Capire cosa succede nell’orto del Getzemani è fondamentale. Gesù è ormai sicuro di poter portare a termine la sua missione, perché ha vinto la morte. Quindi la prospettiva di dover soffrire e morire di certo non lo spaventa, sapendo che risorgerà. Eppure suda sangue. Questo è un fenomeno molto raro, ma conosciuto in medicina. Si chiama “ematoidrosi” e può verificarsi negli individui sottoposti a forti stress, violente emozioni o forti paure. Certamente non è ciò che accadrà che può generare una reazione emotiva così forte in un uomo così dotato di certezze interiori, che, oltre tutto, è in un momento di raccoglimento. L’origine della violenta emozione è da ricercarsi in ciò che è accaduto poco prima. Per capirlo dobbiamo tornare indietro di poche ore, all’ultima cena. I Vangeli ci riportano le parole pronunciate alla fine: “Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.

Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”. Ho riportato anche la seconda frase proprio per dimostrare che chi parla non è l’uomo, ma il Cristo. Difatti il Risorto mangerà e berrà con gli apostoli in riva al lago, e questo sarebbe in contraddizione con l’affermazione fatta. Gesù ha detto queste parole in uno stato quasi di trance, ma ora gli ritornano in mente le parole. “Come per molti, deve essere per tutti!”. “Però ho detto per molti, non per tutti”. “Quindi ho fallito, la mia missione non salverà tutta l’umanità”. “Non può essere. Non è giusto. Padre allontana da me questo calice amaro”. Questa è l’emozione che porta Gesù a sudare sangue. C’è un conflitto totale tra la sua mente, da sempre convinta di poter salvare tutti, e la sua consapevolezza di dire solo parole di Verità, specialmente in certe situazioni. E questo conflitto è insanabile dal punto di vista razionale.

Ancora oggi molte persone mi scrivono cercando una qualche soluzione alla salvezza parziale, perché la loro mente vede la salvezza di una parte come un atto d’ingiustizia. Invece Giustizia e Amore sono una sola cosa. E proprio l’Amore divino, incondizionato, pretende che sia fatta Giustizia. Così alla fine anche Gesù deve arrendersi e chinare il capo. Non avendo trovato alcuna soluzione, l’unica possibilità che resta è il “sia fatta la tua volontà!”

Fino a poco tempo fa, le parole dette alla fine della cena venivano ripetute durante la Santa Messa. Trasgredendo bellamente al comando “fate questo in memoria di me”, la Chiesa ha deciso, unilateralmente, di cambiarle, per cui oggi, al posto di “per molti”, si dice “per tutti”. Magari avesse detto così! Questo cambiamento recente è stato motivato dicendo che coloro che vanno a Messa o sono fedeli della Chiesa sono tutti salvi. In questo documento non sono entrato nel discorso di chi si salvi e chi no, che è detto nei Vangeli in più punti, ma molto ben spiegato nella parabola del Re che organizza le nozze per suo Figlio. Però proprio i Vangeli e questa parabola sono una chiara dimostrazione che la salvezza non passa attraverso nessuna istituzione umana. Anzi la parabola è molto dura rispetto a chi detiene un qualsiasi potere, per chi la sa comprendere. Quindi trovo che l’aver cambiato le parole di Gesù non sia solo una mancanza di rispetto verso una tradizione ultra millenaria, ma soprattutto una infedeltà al Cristo, vera sorgente di quelle espressioni. E credo che nessun uomo possa migliorare una comunicazione che arrivi direttamente da Lui.

Dopo la flagellazione e la crocefissione, prima di spirare, Gesù dice: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”. Perché? Questa frase è stata tradotta in: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, ma a quale Dio si sta rivolgendo? Sappiamo che questa parola in ebraico non esiste, almeno con il significato che noi occidentali le diamo. Difatti i Vangeli riportano che “Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”. Elì in ebraico rimanda a “me”, mentre El è il prefisso o suffisso di ciò che è divino. Quindi la migliore traduzione di Elì per me è “me divino”. Ciò che abbandona il corpo di Gesù in croce è la sua anima e il suo spirito, cioè tutto il suo sé divino.

Ho avuto la conferma di questo attraverso una esperienza fatta con una persona molto umile, senza istruzione scolastica, ma con un grande cuore. Questa persona, in regressione cosciente, si è ricordata di quando era vicino alla croce. Non era un fedele di Gesù, anzi, fino a quel momento, non lo conosceva proprio. Era in quel luogo per altri motivi che preferisco non riportare. Ma nei suoi ricordi è emerso che vide una specie di nuvoletta bianca lasciare il corpo di Gesù proprio poco prima che morisse. E già allora intuì cosa stava succedendo. Questa sua memoria mi ha aiutato molto nel capire l’accaduto.

Quindi quello che muore è solo un corpo, un ammasso di cellule, così come quello che risorge è ancora un corpo, un ammasso di cellule, nelle quali l’anima e lo spirito devono tornare. Cosa è cambiato? Lo stato di aggregazione di quelle cellule. Dalle narrazioni su quello che succede dopo la resurrezione capiamo che questo nuovo corpo passa attraverso i muri, è modificabile a piacere, in termini di sembianze, però anche mangia e beve come prima. Questo ci da forti indizi anche sul cambiamento in atto. Chi si aspetta di lasciare questo corpo e passare in qualche strana dimensione, diventando etereo come un angelo, credo proprio che resterà deluso. Ma cosa dice il Risorto a Maddalena, che vorrebbe abbracciarlo? “Non mi toccare, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” Questa frase ha una sua spiegazione solo se teniamo conto del processo che è ancora in atto. Gesù è sceso agl’inferi, e questo termine viene sempre collegato all’inferno, come se lui dovesse essere sceso nell’inferno per redimere i peccati del mondo.

Come vedremo questa idea non è lontana dalla verità, ma l’inferno è una invenzione postuma e molto recente rispetto a 2000 anni fa, quindi non è questa l’interpretazione giusta. Inferi evocava per greci e romani il regno dei morti. Questa discesa deve quindi essere vista come una conseguenza inevitabile del passaggio attraverso la morte verso la resurrezione, cioè la vita eterna. Questo passaggio avviene operando sulla parte più interna del corpo, cioè il DNA e la struttura molecolare. Con la sua forza di volontà, e senza l’aiuto del divino che lo aveva abbandonato sulla croce, Gesù ha cambiato la struttura della materia, che però ora deve essere riallineata al progetto divino, il salire al Padre. E sino a che anche questa operazione non sarà terminata, non gli è permesso alcun contatto fisico con corpi viventi, altrimenti scatenerebbe una reazione nucleare nel corpo di Maddalena, che si disintegrerebbe immediatamente. Questo ci è confermato dalla sacra Sindone, che reputo autentica, proprio perché una simile immagine, che non è stampata sulla superficie, ma ricavata all’interno delle fibre, può essere ottenuta, per quanto ne sappiamo, solo da una forte esplosione di neutrini, quella esplosione che è avvenuta nel sepolcro proprio a causa della discesa agl’inferi.

Perché Gesù ha fatto tutto questo? La discesa agl’inferi era evitabile, ma senza di essa il passaggio sarebbe rimasto un evento personale, mentre l’obiettivo è trasformarlo in uno status comunitario. La meta è sempre la salvezza, se non per tutti almeno per molti, e uno degli elementi necessari è aver vinto la morte e aprire la via che permetta di raggiungere l’immortalità del corpo. Ma sino alla morte in croce, quella via è aperta a un solo uomo, quello che ha dato la Vita a Lazzaro. Ora quest’uomo vuole che potenzialmente la stessa via sia aperta a tutti. Questa è la missione da compiere, e riguarda la struttura intima della materia, in particolare di quella biologica umana. Quello che compie è necessario proprio per permettere a noi di seguirlo senza dover passare attraverso il suo calvario. Per questo si dice che ha cancellato tutti i peccati del mondo. Ha in effetti fatto “le pulizie di Pasqua”, aprendo così una nuova via. Questa poteva essere percorsa da subito, ma tuttora, dopo 2000 anni, ancora la maggior parte delle persone ritiene questa via una utopia, se non una follia. Invece proprio la sua discesa agl’inferi ci poteva e ci può permettere di raggiungere l’eternità del corpo senza passare attraverso la morte fisica. Questo è il significato della nostra resurrezione, che è diversa dalla sua.

Avendo vinto quella morte, Gesù ha vinto ogni morte? Purtroppo la risposta è no, e Giovanni l’ha capito. Per comprenderlo dobbiamo tornare a riflettere sul concetto di molti, ma non tutti. Quando si parla di morte, di un essere umano o di un animale o di una pianta, inevitabilmente la nostra mente va all’idea di una morte cellulare. Ma Giovanni, nell’Apocalisse, introduce una nuova idea: la “morte seconda”. Questa è collegata a una estinzione globale, dell’essere in ogni sua dimensione. Su questo argomento molto ha detto Eugenio Siragusa e, in seguito, Giorgio Bongiovanni. Aggiungo solo due riflessioni. Non credo all’inferno proprio grazie a questa idea. Se non ci fosse la morte seconda, coloro che non sono tra i molti sarebbero condannati a una pena eterna, non compatibile con il perfetto equilibrio divino tra Amore e Giustizia. Invece questo non avviene proprio grazie a una estinzione totale, come se quelle “persone” non fossero mai esistite. Cosa sarà di loro? Torneranno, per loro fortuna senza alcuna memoria, nell’Energia oscura, si direbbe in Fisica, cioè nell’energia immanifesta. Però attenzione, questo non significa che sarà cancellata la loro memoria sulla Terra. I cristalli terranno traccia di tutto questo. La seconda riflessione è che se la morte fisica è stata vinta, la morte seconda è e resterà all’opera, visto che proprio l’Apocalisse si conclude dicendo che la “bestia” in futuro verrà di nuovo liberata. Questo significa che l’attuale passaggio non è quello definitivo, ma solo un passo avanti nella nostra evoluzione.

Tornando a noi, in questo momento, possiamo rendere il corpo eterno, senza però passare attraverso la morte del corpo, perché quella morte è stata vinta. La nostra mente distingue tra il corpo e lo Spirito, come se fossero due cose separate. Invece sono diverse, ma non separate, anzi sono un tutt’uno, sono intimamente legate e compenetrate. Per questo non è possibile ottenere risultati concreti se si opera su una sola delle componenti. Il mondo occidentale ha tentato le vie più materiali, incluso la magia e l’alchimia, quello orientale ha messo più attenzione alle pratiche spirituali, coma la meditazione, ma entrambi gli approcci sono chiaramente falliti. La via da percorrere l’ha indicata Gesù, sia con le sue opere che con la sua vita, e si basa su una totale integrazione di tutti i livelli, avendo però chiaro che l’obiettivo è una trasmutazione del corpo cellulare. Gli studi intrapresi da metà del secolo scorso e la caduta di molti preconcetti culturali ci stanno aiutando molto a capire, dal punto di vista pratico, come fare a riprogrammare le nostre cellule e i relativi contenuti informativi. Anche le scoperte recenti di animali che sono immortali, cosa impensabile sino a poco tempo fa, ci aiutano a capire che, se pur in modo numericamente limitato, ci sono già esseri viventi in natura che hanno spontaneamente attivato questi meccanismi. La ricerca è aperta, per tutte le persone di buona volontà. L’obiettivo è il corpo fisico. Per questo nel Credo Apostolico si dice: “Credo … la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen”.

Gian Piero Abbate

Pordenone, 20/04/2017