
Alla fine di un anno così particolare com’è stato il 2001 credo sia giusto fare qualche riflessione su come i mezzi di comunicazione abbiano influenzato la nostra percezione degli eventi. Il fumo grigio e denso delle due torri si è ormai dissolto nell’aria, ma forse è ancora presente negli occhi di molte persone, specie quelle di buona volontà.
Chi opera seguendo il proprio interesse e gli affari ha occhi di lince e furbizia da volpe, ma chi opera per il bene e per il prossimo spesso si abbandona ad un cuore fatto solo di emotività; per questo motivo Gesù ci ha messo in guardia: Matteo 10:16 “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.” Non siamo invitati a fare i furbi, ma la prudenza è sorella dell’intelligenza, cioè della capacita di leggere i fenomeni che ci circondano, i fatti che avvengono.
Dobbiamo quindi utilizzare al meglio il nostro intelletto, sapendo riconoscere con il cuore i segni dei tempi, ma poi cercando d’interpretarli con la ragione, pur essendo consapevoli dei nostri limiti. Tornando indietro nell’anno, a gennaio tutta l’attenzione si è posata sulla guerra dei Balcani, e la parola d’ordine era “uranio impoverito”.
Tutt’ora non conosciamo le conseguenze dell’utilizzo di questo materiale, ma è un dato di fatto che le ripercussioni registrate sul nostro “contingente di pace” sembrano essere inesistenti: gli otto morti per leucemia stanno nelle statistiche della normalità.
Ma sarà veramente così? Per contro quella paura ha oscurato completamente le vere domande da porsi e le relative risposte: perché ancora guerra? Perché questa guerra? La guerra è un male, a cui si ricorre sempre per interessi economici, e l’unica conseguenza di rilievo di quella guerra, che ha distrutto un territorio che dove essere liberato, è che da allora il rapporto di cambio Dollaro – Euro è cambiato, ovviamente a favore del primo. Finita la paura per l’uranio impoverito, esplode il caso mucca pazza.
Alcuni paesi vengono gravemente colpiti, primo fra tutti la Gran Bretagna, ma l’Italia è solo colpita di striscio: una trentina di casi a tutt’oggi. Il totale in Europa è dell’ordine delle centinaia di migliaia di capi infetti: numero rilevante, ma controllabile. Il rischio di contagio umano è bassissimo. A questi numeri corrisponde un allarme diffuso e generalizzato.
Per contro poco dopo si diffonde in Europa l’afta epizootica, malattia contagiosa di antica conoscenza, che miete milioni di capi, oltre quattro. Ma questa notizia viene minimizzata, per non passare dalla paura al panico. Anche in questo caso il segno più importante viene taciuto, mentre si tratta di una vera ecatombe, il cui significato andrebbe ricercato sia a livello storico che a livello spirituale. Anche l’esperienza della mucca pazza, più che preoccupare per eventuali improbabili contagi all’uomo, avrebbe dovuto far riflettere su come la violenza alla natura sia ormai così generalizzata che, in nome del facile guadagno, chi opera anche su elementi così delicati come il cibo, o le medicine, o l’aria che respiriamo, lo fa avendo perso la coscienza dei limiti invalicabili: tutto è lecito, purché tecnologicamente fattibile ed economicamente vantaggioso.
Si arriva così all’estate, tipica stagione delle verdure (geneticamente modificate?) e del pesce, che anche se è pazzo (come sono fatti i mangimi dei pesci?) è muto e così passa inosservato, e la mucca non è più d’attualità, dopo il crollo verticale del consumo di carni bovine. Per contro è sempre d’attualità lo scontro tra le multinazionali del settore farmaceutico, e in particolare c’è un’azienda europea che da troppo fastidio: bisogna fare qualcosa! Ovviamente questo non si deve e non si può dire all’opinione pubblica, e così viene montato il caso “Sivastatina”. Ho utilizzato il nome del prodotto e non quello del principio attivo, la cerivastatina, proprio perché, ad esempio in Italia, su tre farmaci che contengono quel principio attivo solo uno viene indagato, parimenti a quanto accade nel resto del mondo: come mai? In ogni caso solo un utilizzo errato del farmaco risulta pericoloso, come provano circa 50 decessi, ma la psicosi che viene artificialmente creata porta a una generalizzata sospensione delle terapie, che evitano circa 600 mila infarti l’anno.
Ma chi proverà che un malato è morto per non aver preso un farmaco? Così le conseguenze della psicosi sono molto più tragiche che i danni causati dal farmaco, ma questo non interessa a nessuno. Come non interessa a nessuno ciò che il G8 a Genova ha deciso, non interessa che gli aiuti ai paesi poveri sono stati legati al riconoscimento dei brevetti farmaceutici da parte di quei paesi, non interessa che la cifra, per altro solo prevista e non erogata, per fermare le epidemie in atto è irrisoria, non interessa che molto viene rinviato a una futura conferenza di fine d’anno, poi mai organizzata, tutti discutono solo degli scontri di piazza e del comportamento delle forze dell’ordine. Tema sicuramente importante, ma come al solito si parla della “pagliuzza” per non parlare della “trave”. Così gli accordi del G8 aprono ulteriormente, se ce n’era bisogno, la strada a chi sa speculare sulla povertà altrui, e si arriva al fatidico 11 settembre. Pensare che l’attentato alle due torri e al Pentagono sia una risposta dei poveri che si ribellano ai ricchi del mondo vuol dire offendere i poveri, e renderli ancora più poveri per non aver capito i giochi di chi detiene il potere economico. Bin Laden non è un povero, e non è un novello Robin Hood. Diseredato dalla famiglia, com’è tornato ad essere in poco tempo una delle persone più ricche del mondo? Traffici illeciti, armi, droga, e l’appoggio degli Stati Uniti, nella guerra contro le armate russe. Peccato che dei delinquenti non ci si può fidare, e Bin Laden, diventato potente, ha deciso di giocare in proprio, sfidando unilateralmente tutti i governi e tutte le mafie del mondo, e sopra tutto di “farla pagare” ai suoi ex amici, ora concorrenti.
Altro che guerra di religione! Altro che eroi, solo eroina! E così scoppia la guerra, la caccia all’uomo, ancora in corso, e i bombardamenti, a tappeto, con bombe di tutti i tipi, da quelle a grappolo alle super-bombe, che cadono ovunque, sulle montagne, nei villaggi, da per tutto, tranne nei campi di papaveri, perché sono bombe intelligenti, e sanno che i campi di papaveri sono troppo importanti per il turismo, con la loro splendida bellezza! E durante questi dodici mesi sono continuate quasi trenta guerre, delle quali 28 ancora in corso, la maggior parte delle quali non fa notizia. In particolare l’Africa non fa notizia. I giornali più “seri” limitano il numero di articoli sulle questioni africane da pubblicare nell’arco di un mese, al fine di tutelare la tiratura! L’Africa non è solo il continente nero, ma è anche quello “buio” per molti di noi.
Ma perché tutte queste guerre? Le risposte sono sempre le stesse: i conflitti sociali, le religioni, le buone intenzioni, la giustizia. Tutte motivazioni che non c’entrano, l’unica motivazione è sempre la stessa: gl’interessi economici di qualche gruppo o di gruppi contrapposti. Anche nel caso delle due guerre più chiacchierate in questo fine d’anno. La questione della inconciliabilità tra Ebrei e Palestinesi è complessa, e richiederebbe lunghe analisi, ma alla fine di tutto è principalmente legata a un ragionamento economico molto semplice, correlato ai rispettivi tassi d’incremento demografico; i primi hanno il controllo dell’economia, ma i secondi crescono demograficamente molto rapidamente, e servono come mano d’opera. Ma se i secondi crescono troppo allora diventano pericolosi, in un territorio così limitato, ed allora ogni tanto bisogna ristabilire l’equilibrio, per conservare il potere.
Per contro, anche i secondi non sono di certo immuni da colpe, tra l’altro avendo scelto il terrorismo come forma di lotta; come sempre la ragione non è mai da una sola parte, ma non è importante giudicare, bensì capire che la diversa religione non è “causa”, ma “strumento” di conflitto. Circa la “guerra duratura” di Bush, che nonostante le verifiche elettorali a lui sfavorevoli continua a fare il presidente, il terrorismo è chiaramente solo un pretesto: chi è passato attraverso gli “anni bui” conosce benissimo quali sono i mezzi per combattere questa ignobile piaga, e tra questi sicuramente non c’è la guerra. Le recentissime “vittorie” militari sembrano affermare il contrario, ma bisogna attendere per giudicare. È facile profetizzare che ciò che oggi è stato seminato con le bombe si ritorcerà verso noi in forma ben più tragica!
E tutto questo non ha nulla a che vedere con la spaccatura tra paesi poveri e paesi ricchi, che continua ad aumentare, mentre ha molto a che vedere con il dominio mondiale di chi oggi detiene il potere e che vuole arrivare a controllare tutto, anche i traffici illeciti, che rappresentano una fetta troppo rilevante dell’economia mondiale. L’unico effetto, rispetto al terrorismo, del suddetto crescente divario è il creare mancanza di speranza nei poveri, cioè un terreno fertile per reclutare disperati da utilizzare in ogni modo. Alla fine di queste riflessioni, facendo i conti sembra proprio che il numero delle vittime accertate sia il parametro sbagliato, anzi più vittime ci sono più l’evento non fa notizia, anche perché molte vittime si ottengono solo con eventi prolungati nel tempo, e poi la paura dell’ignoto è molto più potente della certezza del presente.
Così ci siamo dimenticati di 4 milioni di neonati non registrati all’anagrafe, non-persone, carne da macello o da sfruttare in ogni modo, visto che anagraficamente non esiste; o di 5 milioni di bambini registrati che muoiono di fame, limitando la statistica a quelli con meno di cinque anni; o, in Italia, di 30 mila morti per incidenti stradali o domestici o lavorativi, più 5 mila morti per infezioni ospedaliere, più oltre mille morti per droga. A questo punto forse non avrebbe senso augurarci per il 2002 un anno migliore, perché ci rendiamo conto che la storia ci è sfuggita di mano. E sarebbe troppo facile tirare in ballo il Padre, scaricando ancora una volta le nostre colpe su di Lui, che continua ad Amarci nonostante tutto. D’altra parte se il 25 dicembre è nato Gesù bambino, oggi che è il trentuno lo abbiamo già re-inchiodato in croce. Gian Piero Abbate augura a tutti un buon anno nuovo. Porcia, 31/12/01